Dall’imperatore Traiano al campione Suárez, quando lo straniero diventa cittadino italiano

Sono cittadino romano, “civis romanus sum”, dicevano con orgoglio gli stranieri che riuscivano a coronare il sogno dei pieni diritti e doveri acquisiti nell’antica e lungimirante Roma. Con uno di loro, l’imperatore Traiano nato in Spagna, Roma raggiunse la massima estensione e un buon governo universalmente riconosciuto. Cittadinanza per integrare, per sentirsi parte di una comunità.

Non si sa se anche l’uruguaiano Luis Suárez, uno dei centravanti più forti al mondo, sia stato mosso dallo stesso impeto. Né se a lui la Juventus che lo voleva, e i docenti dell’Università per stranieri di Perugia che l’hanno da poco esaminato per accertarne la conoscenza della lingua italiana per diventare un connazionale, ne immaginassero un futuro da imperatore nel Colosseo della serie A.

Certo è che sull’esame d’italiano del calciatore sudamericano, stella del Barcellona e della Celeste, ora la Procura perugina ha aperto un’inchiesta, parlando di “farsa” e ipotizzando il concorso in corruzione per i vertici dell’Università. In italiano “non spiccica una parola”, “coniuga i verbi all’infinito, ma ti pare che lo bocciamo?”, secondo alcune intercettazioni captate dagli investigatori.

Né Suárez né la Juventus risultano indagati per la vicenda. E l’Ateneo assicura “la correttezza e la trasparenza delle procedure seguite”.

Ma in attesa che gli accertamenti -anche di un’indagine sportiva della Figc- chiariscano come andò quell’esame finito tra le foto dei tifosi fuori dall’aula, e che comunque non porterà Suárez alla Juve, avendo il campione scelto l’Atlético Madrid, divampa la polemica.

Per molti stranieri residenti e integrati da anni nel nostro Paese, e padroni della lingua italiana, ottenere la cittadinanza è un calvario. Per i Vip, invece, la strada sembrerebbe più facile. Una strada legittima nel caso di Suárez: ha presentato la domanda, perché marito di Sofia Balbi, figlia di un friulano emigrato a Montevideo, e perciò col doppio passaporto. Ma sott’accusa è l’esame, che dev’essere uguale per tutti, a prescindere dalla fama. E poi: possibile che non si riesca a contemperare, quasi duemila anni dopo Traiano, la possibilità di aggiungere all’automatico ius sanguinis, cioè all’acquisizione della cittadinanza per nascita da un genitore o ascendente italiano, un appropriato ius soli, ossia consentire di diventare italiano a chi è nato o si è formato in Italia, indipendentemente da dove vengano mamma e papà?

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi