Anna Maria Bernini: da Pavarotti a Fini e Berlusconi ascoltati da vicino (ma in politica prevalgono i tenori o il coro?)

Anna Maria Bernini Bovicelli, avvocato e deputato, è nata a Bologna e ha quarantatré anni. S’è occupata di casi importanti (come quello di Pavarotti, assistendo Nicoletta, la seconda moglie) prima di approdare in Parlamento. E’ portavoce, insieme con Daniele Capezzone, del Popolo della libertà. Fa parte della commissione Affari costituzionali alla Camera.  

 

E’ stato più facile sanare la controversia fra Nicoletta e Adua Pavarotti o i dissapori correnti tra Berlusconi e Fini?

“Berlusconi e Fini hanno ruoli diversi secondo la ripartizione dei poteri: uno governa, l’altro presiede la Camera dei deputati. Non c’è conflitto, ma utilità per la democrazia dal loro posizionamento. L’altra vicenda è stata semplice: far comporre ogni dissidio come avrebbe voluto il Maestro. “Non devono litigare”, fu la sua volontà. E devo dire che la posizione molto dignitosa di Adua, delle sue figlie e di Nicoletta ha reso possibile il chiarimento”.

Ma chi canta meglio tra Berlusconi e Fini?

“Fini non l’ho mai sentito cantare”.

Dicono che sia stonato…

“Impossibile. In futuro canterà. Vedrà”.

Com’era Luciano Pavarotti “ascoltato” da vicino?

“Era un uomo di valore e di valori. Un uomo attratto dalla sua terra. Un uomo che ha attinto la sua grandezza dall’umile infanzia”.

Ha un ricordo indelebile di lui, un momento che le viene subito in mente?

“Sì, una bellissima giornata a Pesaro, a tavola. Rivedo il mare alle sue spalle, rivedo il Maestro che mi viene incontro con le braccia aperte, un tipico suo gesto”.

Pavarotti cantava a tavola?

“Canticchiava con Alice, la sua bambina. Per esempio “Voglio vivere con te, col sole in fronte…”.

Per lei chi è il tenore della seconda Repubblica (escludendo Berlusconi e Fini, le voci di casa)?

“Non sento un suono particolare, piuttosto un coro bipolare. Neanche voci bianche, per la verità”.

Che mestiere è fare la portavoce del Popolo della libertà?

“Significa raccontare, a chi domanda, la politica del Pdl”.

Fare l’indovina?

“L’aruspice, dice? No, non fa per me. In realtà il mio lavoro non è complicato: rendere il più possibile evidente i lavori della commissione e dell’aula della Camera”.

Ma non esistono già i giornalisti per fare quella roba lì?

“Diciamo che il mio compito è a vocazione giornalistica…”.

Qual è stata la balla più difficile da imbellettare?

“Non mi è stato mai chiesto di raccontare balle, né lo farei. Racconto il partito, riferisco quello che avviene nella realtà. Contribuisco al dibattito anti-castista”.

Anti-castrista? Che c’entra quel dittatore di Fidel?

“No, intendo proprio anti-castista da casta. Noi non siamo quello che ci dipingono. La casta è pura letteratura. Qui si lavora, ci si impegna. Qui si fanno le leggi”.

Qual è il privilegio più odioso della casta?

“Lo vede che non la convinco? Ma un nostro difetto glielo riconosco volentieri: la propensione all’isolazionismo. Chi fa politica tende a rinchiudersi nel Palazzo. E questo contribuisce al pregiudizio dell’anti-politica”.

Lei è passata dall’aula dei tribunali a quella della Camera. Si sta peggio da avvocati o da deputati?

“Io non mi sento d’avere creato una continuità. Sono ambiti differenti. Adesso vivo con passione e convinzione il lavoro del Parlamento. E’ una legislatura costituente”.

Costituente?

“Decisamente sì”.

Lo sa che sono ventisei anni che le legislature, auto-proclamatesi costituenti, partoriscono topolini, anziché grandi cambiamenti?

“Invece questa sarà la volta buona. Del resto, qualcosa di importante già si è fatto. La riforma più realistica, e approvata, si chiama federalismo fiscale. Da lì si partirà per passare dall’attuale bicameralismo perfetto a due Camere che legiferanno su aspetti e con funzioni diverse. Arriveremo anche a una forma nuova di governo”.

Il presidenzialismo dopo il federalismo?

“Non credo che riusciremo ad arrivare fin lì. Ma attribuire nuovi poteri alla figura del presidente del Consiglio, che oggi è solo un “pares inter pares” -cioè non può neppure rimuovere ministri, tanto è alla pari il suo ruolo-, credo che sarà finalmente possibile”.

Chi garantisce l’unità e indivisibilità della Repubblica, visto che finora la politica ha discusso solo di federalismo, e in modo maniacale?

“Nessuna riforma potrà mai polverizzare il compito essenziale e nazionale dello Stato centrale. Il grande e insostituibile coordinamento unitario non può venir meno, e non verrà”.

Da quanto tempo mastica pane e politica, avvocato?

“Sono sempre stata attenta alla politica, anche quando non ne ero una diretta protagonista. Forse il primo ricordo risale agli anni Ottanta, a un’assemblea al Liceo di Bologna. Presi la parola per protestare contro i picchetti all’opera. Trovavo insopportabile che si riducessero le libertà”.

Lei ha sposato il professor Luciano Bovicelli, ginecologo molto conosciuto. Ma a lui, per caso, adesso capita d’essere riconosciuto come “il marito dell’onorevole”, dopo che per anni, immagino, lei sarà stata “la moglie del professore”?

“E’ un tasto da non toccare…Lui è più famoso…La questione è esplosa, a sorpresa, poco tempo fa quando, a casa nostra, è arrivato un invito importante. Ma l’invito era indirizzato all’”onorevole Anna Maria Bernini e consorte”. E’ cascato il mondo. Ci ho messo una settimana per farlo uscire di casa con me…”.

Qual è il male oscuro del Pd?

“La cronaca di una sconfitta annunciata. L’apparato è vecchio, vecchissimo. A volte da fuori si prova imbarazzo, perché non si capisce più chi crede e chi non crede nel progetto originario del Pd. Il progetto di un chiaro bipolarismo, dal quale non tornare indietro”.

Nostalgie, da avversaria, per Walter Veltroni?

“Lui almeno un progetto l’aveva”.

L’incuriosisce Debora Serracchiani, la nuova leva che s’è attirata gli strali di molta vecchia guardia?

“Non la conosco. Ma sono solidale con chi è oggetto di polemiche. Vogliono bruciarla: è evidente”.

Ma tra Dario Franceschini e Pierluigi Bersani, che sono i candidati più “politici” alla segreteria, lei per chi tiferebbe?

“Io sono estranea e distante dalla contesa. Però mi auguro che non si facciano passi indietro. Spero che vinca il candidato che non riesumerà l’Ulivo che fu”.

Non è che il Pdl se la passi politicamente tanto bene. O pensate d’aver vinto per sempre alle elezioni?

“Chi vince per sempre nella vita? Però il Pdl ha mostrato d’essere radicato nel territorio. D’avere anche una classe dirigente locale. Di non essere soltanto un forte partito d’opinione”.

Ma è un partito democratico o monarchico?

“E’ un partito repubblicano”.

Da settimane si discute della sfera personale dell’uomo più pubblico d’Italia: il Cavalier Berlusconi. Chi ha sbagliato di più in questa storia?

“Sbaglia chi sposta il piano della valutazione e anticipa sentenze attraverso tribunali mediatici. Io non amo i processi di piazza né i docenti di moralità pubblica. Sono solidale col povero Robespierre. Ma, si sa, un certo atteggiamento fa chic e non impegna”.

Ma sul caso specifico e personale che cosa pensa? 

“Io do una valutazione politica. Berlusconi è un leader profondamente popolare, a sua volta ricambiato dall’abbraccio popolare. Lui si è “regalato” all’Italia, e l’ha fatto in modo spontaneo. Fatico a capire che c’entri la polemica politica con questo”.

La crisi economica esiste e persiste, oppure parliamo di un altro film?

“C’è, stiamo vedendo lo stesso film. Ma, allo stesso modo, bisogna osservare il cantiere delle contro-misure che sono state predisposte dal governo contro la crisi. Mi guardo bene dall’elencare i numerosi provvedimenti che sono stati approvati per far fronte alla situazione. Mi limito a citare il bonus, l’aiuto per i più deboli. Credo che l’azione del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, darà buoni frutti”.

Ma da portavoce s’è mai trovata in difficoltà a difendere le decisioni del governo?

“Forse una volta, in una trasmissione televisiva. Si discuteva del terremoto in Abruzzo, e si sono viste immagini dolorose, strazianti. Ma all’emergenza bisognava rispondere in modo immediato e con la forza della legge. Io ho provato a “spiegare” l’importanza delle scelte normative in un contesto del genere, ho contrapposto la legge all’emozione. Non è stato facile”.

Del G8 in Abruzzo che cosa resta?

“Moltissimo, ma una cosa tengo a sottolinearla, perché è simbolica e concreta al tempo stesso: l’area che ha ospitato i capi di Stato dei Paesi più industrializzati del mondo, sarà  riconvertita a favore degli sfollati. Presto non vedremo più tende in Abruzzo”.

Che cosa pensa della nuova leadership negli e degli Stati Uniti?

“Io mi sentivo più vicina ai repubblicani. Ma, se fossi stata democratica, avrei votato per Hillary Clinton, non per Barack Obama. Adesso guardo al presidente americano con attenzione. Ha suscitato grandi aspettative nel mondo. Se riuscirà a realizzarle, Obama diventerà uno dei presidenti che la storia mai dimenticherà. Credo che la sua vera sfida politica si giocherà soprattutto sul Medio Oriente”.

Per che cosa spera d’essere ricordata nella sua attività alla Camera?

“Mi auguro per il lavoro che sto svolgendo alla commissione Affari costituzionali”.

L’onorevole riformatrice?

“Perché no? L’impegno è notevole, perché bisogna trovare convergenze, bisogna condividere le nuove regole. Penso di poter avere un ruolo propositivo per avvicinare le parti in questo lungo, ma affascinante cammino costituzionale. Io sento molto il senso delle istituzioni. Per me lo Stato è lo Stato. Per questo m’arrabbio da morire quando tutta la polemica si riduce alla casta”.

La legge più importante che ha proposto?

“Proprio quella che sto scrivendo per rivalutare l’alto artigianato, che è un’impresa, uno straordinario patrimonio vivente. Lo è dalla bottega rinascimentale ai nostri giorni, e nessun’Asia riuscirà mai a copiarcelo. Ma dobbiamo sostenerlo con incentivi anche fiscali. E’ un artigianato artistico a tutti gli effetti. Pensi alle mani d’oro del lituaio: uno che non ha successioni”.

Per un attimo ho creduto che parlasse di Berlusconi…

“Le è venuto in mente per la musica, vero?”.

Pubblicato il 12 luglio 2009 sulla Gazzetta di Parma