La nostra vita è già cambiata dopo il 13 novembre. Ma il “vivere per Parigi” di oggi vale come il “morire per Danzica” di ieri

I sette giorni che hanno cambiato il mondo. Dal sangue innocente versato a Parigi all’allarme rosso a Bruxelles. Da quel 13 novembre francese ed europeo che porteremo per sempre nell’animo come l’11 settembre americano e universale di quattordici anni fa, alla capitale del Belgio e soprattutto dell’Unione europea che in queste ore sta vivendo l’oscuramento, come non accadeva fin dai tempi dell’ultima guerra mondiale. E’ passata solo una settimana, eppure il nostro modo di percepire le cose e gli altri è stato stravolto. Ora diffidiamo dello straniero della porta accanto, che fino a ieri neanche ci preoccupavamo di conoscere. Adesso vogliamo sapere dai nostri ragazzi dove andranno la sera, e magari buttiamo lì, fingendo che “tutto deve continuare come prima” (com’è bello, ma grottesco ripetere) di lasciar perdere quel noto e affollato locale. Oggi andiamo in metropolitana, saliamo su un treno, prenotiamo un aereo e subito fotografiamo col pensiero, come degli ossessionati cronisti di noi stessi, quanto ci circonda. Quasi fossimo prossimi testimoni di chissà quali e orribili eventi. Non più liberi, dunque, ma insicuri. Insicuri nei discorsi con gli amici, nei viaggi in programma, nelle scelte elementari d’ogni giorno, che erano automatiche fino al 13 novembre, che sono diventate piene di attenzioni dopo l’orrore di Parigi.

E’ inutile negarlo: la psicosi della gente ha già subìto il suo “attentato”. Nessun europeo ragiona più o si comporta con quella esuberanza senza confini che era ed è il nostro valore condiviso. L’umanesimo di cui siamo imbevuti impone regole e principi di convivenza. Ma non tollera muri, negozi sbarrati, strade deserte e vigilate coi blindati da soldati armati per il rischio di attentati: il terrorismo è guerra anche nei rituali che impone alle società libere per difendersi.

Come in altri e non meno drammatici tempi, quando l’interrogativo era quello se fosse giusto “morire per Danzica”, cioè per difendere la Polonia invasa dalle truppe di Hitler -l’episodio che scatenò il secondo e terribile conflitto mondiale-, oggi la domanda è come “vivere per Parigi”. Come reagire senza paura anche nella nostra vita quotidiana. In queste ore il cielo non è più grigio, come accade sovente per la pioggia, ma addirittura nero sopra Bruxelles. Quel nero col quale i terroristi di matrice islamica amano presentarsi per essere più minacciosi. Ma sette giorni dopo la risposta è una sola: viva la Francia!

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi