Il voto in Sardegna e il risvolto costante per chi governa: la Lega su e i Cinque Stelle giù

Insieme nel governo, ma avversari in Sardegna. L’anomala maggioranza gialloverde assiste a un anomalo voto regionale rispetto alle precedenti tornate amministrative che si sono svolte a macchia di leopardo nella Penisola. Stando alle tendenze indicate dagli exit poll (lo scrutinio si farà solo oggi), per la presidenza si andrebbe a un testa a testa fra Christian Solinas (centrodestra, in leggero vantaggio) e Massimo Zedda, centrosinistra. Più ampia sarebbe, invece, la distanza fra il voto di lista, che vedrebbe la coalizione spinta dalla Lega di un Matteo Salvini molto presente in campagna elettorale (e contestato dalle opposizioni: “ha violato il silenzio elettorale”), ben più avanti di quella trainata dal Pd. Nell’isola è consentito il voto disgiunto fra candidato governatore e liste dei partiti in appoggio.

Crollerebbero, secondo gli exit poll, le speranze di Francesco Desogus, il candidato presidente dei Cinque Stelle, che avrebbe raccolto meno della metà dei consensi ottenuti dal Movimento alle politiche. Anche se i pentastellati resterebbero il partito più votato come singola lista.

Dunque, la maggioranza gialloverde va all’ennesima prova di tenuta. Se confermato dallo spoglio, l’esito del voto regionale richiamerebbe la novità delle precedenti regionali: la Lega di Salvini che va su, o che ha comunque un ruolo decisivo con i suoi alleati, e il Movimento Cinque Stelle che va giù, perdendo la sua spinta propulsiva. Stavolta con sorpresa: il Pd torna a dire la sua, quando presenta un candidato apprezzato dall’elettorato come il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda.

Se tale tendenza sarà confermata dal voto reale e di protesta dei sardi, una protesta rivelata dall’aumento degli elettori che sono andati alle urne e dalla rabbia dei pastori manifestata contro l’invivibile prezzo del latte da loro prodotto, il risultato certificherebbe il graduale, ma costante rovesciamento degli equilibri politici fra Salvini e Di Maio.

A differenza di quanto avviene nel governo-Conte, dove il peso pentastellato è quasi doppio rispetto a quello leghista (così aveva decretato il voto nazionale), nel Paese chiamato alla spicciolata è la Lega a influire più dei Cinque Stelle, lanciando il centrodestra verso l’alto. “A Roma non cambia niente”, si sono affrettati ad assicurare, a turno, Salvini, Conte e Di Maio. Ma il verdetto per misurare l’Italia che cambia rispetto al “governo del cambiamento”, arriverà alle europee di maggio.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi