Il destino della Libia e il prioritario interesse nazionale dell’Italia: la pace nel Mediterraneo

La Libia brucia e in Italia suona l’allarme rosso. “Approfittando del caos, potrebbero arrivare centinaia di terroristi islamici”, avvertono al ministero dell’Interno, dove Matteo Salvini firma una direttiva, la terza, per rendere ancor più inaccessibili le acque e i porti italiani. Peraltro in sintonia con quanto ha chiesto, a sua volta, la Francia: prorogare di altri sei mesi la chiusura delle frontiere con l’Italia proprio per “emergenza nazionale” legata al rischio terrorismo. Preoccupato anche il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che vuole scongiurare una catastrofe umanitaria a Tripoli e dintorni, col conseguente pericolo -paventa- di combattenti stranieri in arrivo sul nostro territorio: la guerra libica e le sue gravi insidie per l’Italia.

Il nuovo segnale di preoccupazione si rafforza dopo le drammatiche parole di Fayez Sarraj, il primo ministro del governo di accordo nazionale sott’assedio delle truppe del generale Khalifa Haftar: “Fate presto, 800 mila migranti sono pronti a invadere l’Italia e l’Europa”.

E’ l’ombra lunga della grande fuga sull’onda di una guerra civile addossata all’uomo forte di Bengasi, e che ha già causato decine di morti e migliaia di sfollati. E che include, ammonisce ora Sarraj, il potenziale arrivo di “criminali e terroristi dell’Isis” nel continente.

A poco, finora, sono valsi gli appelli del governo italiano (“cessate il fuoco immediato e ritiro delle forze di Haftar”), e delle Nazioni Unite, che accusano il generale guerrafondaio: “Il suo è un colpo di Stato, non un’operazione anti-terrorismo”.  A Tripoli manifestano donne vestite coi gilet gialli per contestare l’appoggio francese al generale bollato come golpista dall’Onu.

E’ in questo angosciante scenario alle porte di casa, che si dovrebbe riscoprire il senso dell’Europa. Perché se è vero, come ironizza Di Maio con Salvini, che 800 mila migranti “non si fermano con le direttive”, è altrettanto chiaro che solo una forte iniziativa politica dell’Unione europea può indurre le parti a deporre le armi. Sbarrando la strada anche allo spettro del terrorismo con una strategia unitaria.

Ma la polveriera libica suggerisce pure altro. Se c’è un momento in cui maggioranza e opposizioni dovrebbero procedere d’intesa, è questo. Nessuna campagna elettorale può spingere i partiti a dividersi o a strumentalizzare l’un contro l’altro il destino della Libia.

La pace nel Mediterraneo è il nostro prioritario interesse nazionale.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi