Vaccini, la politica è “flessibile”. Ma la salute no

Ma allora i genitori che si preparano a mandare i figli a scuola, che documentazione dovranno presentare per le vaccinazioni richieste? Alla domanda, semplice e chiara, in vista dell’anno scolastico che s’apre fra un mese, arriva la seguente e ingarbugliata risposta: può valere l’autocertificazione. E per il futuro si tende all’”obbligo flessibile”.

Così parlò Giulia Grillo, che di Grillo, il partito, ricopre l’incarico di ministro della Salute. Traducendo dal politichese, l’obbligo del vaccino c’è e resta, ma in prospettiva si punta con una nuova proposta di legge della maggioranza ad applicarlo con una certa libertà di valutazione Regione per Regione. Intanto, al posto del certificato medico dell’Asl, lo Stato si fida anche di quanto dichiarato dalle famiglie.

Ma se, per fideismo anti-vax, alcuni papà e mamme dichiarassero il falso? Rischierebbero sei mesi di carcere. Una pena irrisoria e in pratica non scontabile per aver, però, messo a grave repentaglio l’incolumità dei propri bambini e dell’intera classe. Posto che i vaccini, da quando sono stati inventati -quello contro il vaiolo, il primo, fu scoperto addirittura nel 1796-, servono proprio per immunizzare tutti dal rischio d’ogni contagio. E d’ogni crociata.

Invece, l’indicazione ballerina del ministro Grillo finisce per scatenare una polemica non ideologica (si può essere di destra o di sinistra di fronte a un virus?), ma anacronistica: medici e scienziati costretti a ricordare, nel 2018, l’importanza dell’obbligo del vaccino per tutti. Che è l’esatto contrario della flessibilità evocata per alcuni nell’applicazione. E i presidi ammoniscono: senza il certificato dell’Asl, a scuola non si entra. E i pediatri mettono in guardia sul rischio di tornare indietro, sottolineando che nessuno può sostituirsi al medico.

E’ impensabile che sui temi sensibili le regole cambino da un’estate all’altra a seconda del governo. E che tale cambiamento avvenga non già a causa di sempre possibili e auspicabili miglioramenti della ricerca scientifica, bensì sulla base di presupposti o preconcetti politici. Come se, su argomenti di tale portata che impongono scelte di comprovata competenza, si potesse far valere una sorta di populismo o di “sentito dire” basato su paure. Altra cosa, com’è ovvio, sono i casi di chi non può essere vaccinato per seri e accertati problemi medici.

“Flessibile”, dunque, può essere la politica. La salute no.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi