Taglio dei parlamentari, la prova più impegnativa anche se meno evidente del destino della legislatura

Col via libera della commissione Affari Costituzionali, la Camera si appresta a raggiungere, dal prossimo 7 ottobre in aula, un traguardo che non è azzardato definire storico: la riduzione dei deputati (da 630 a 400) e dei senatori, da 315 a 200. Si taglia il 36,5 per cento dell’intera e attuale composizione prevista dalla Costituzione.

In quasi quarant’anni sono stati ben sette i tentativi di ridimensionare il numero più elevato di onorevoli in un Parlamento d’Europa dopo quello della Gran Bretagna. Ci provarono, da ultimi, sia il centro-destra di Silvio Berlusconi (da 945 a 770 membri), sia il centro-sinistra guidato da Matteo Renzi con i previsti e soli 100 membri per il Senato, lasciando invariata la Camera. Ma entrambe le riforme costituzionali, che comprendevano molte altre e ben più controverse modifiche, sono state bocciate dagli italiani chiamati al referendum confermativo.

Ora è in ballo l’ultima e quarta lettura parlamentare, voluta dai Cinquestelle e digerita dal Pd, che nei precedenti tre “giri” del testo fra Camera e Senato aveva sempre votato contro. E che ora s’è adeguato per ragion di governo e in cambio dell’impegno concordato che sarà rivista la legge elettorale quale contrappeso alla dirompente novità.

Tuttavia, salvo sorprese improbabili, ma non impossibili in una legislatura politicamente fragile e nella quale la Lega -favorevole al taglio- ha da tempo minacciato il Vietnam, la riduzione diventerà presto intoccabile realtà, trattandosi di una modifica addirittura costituzionale. Viceversa, la revisione ordinaria della legge elettorale allo stato è solo un proposito. Un proposito minato, oltretutto, dalla non casuale e già avvenuta presentazione in Cassazione del quesito promosso da otto Regioni -regia del leghista Roberto Calderoli-, per un referendum abrogativo della prevalente parte proporzionale della legge elettorale in vigore. Di fatto, porterebbe all’estensione del maggioritario, l’esatto contrario dell’idea giallorossa (con eccezioni di peso nel Pd) di rivedere la legge in modo ancor più proporzionale.

L’intreccio delle due cose, ossia il taglio dei parlamentari quasi fatto e il solo promesso e contrapposto (in senso maggioritario o proporzionale?) cambiamento della legge elettorale, diventa il primo, serio banco di prova della legislatura. Un passaggio concreto che rivelerà, in prospettiva e al di là di tante parole, il grado di tenuta della maggioranza e, al contempo, l’effettiva incidenza dell’opposizione.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi