Se l’insulto e l’insulso regnano nella campagna elettorale: politici, cambiate musica!

Se il buongiorno della campagna elettorale si vede dalle polemiche del mattino, c’è poco da stare allegri. E’ già partita la gara fra candidati non a chi presenta il progetto più convincente, e magari spiega pure come realizzarlo, ma a chi la spara più grossa. Comincia alla grande -si fa per dire-, l’aspirante governatore di centro-destra della Lombardia, Fontana. Affrontando il tema dell’immigrazione, usa l’espressione “nostra razza bianca” da difendere. Salvo poi, di fronte alla bufera di indignate reazioni, precisare che il suo è stato un lapsus.

E così persino una questione di importanza capitale e di drammatica attualità -quanti migranti l’Italia può accogliere, e come, a fronte dell’ignavia europea-, si trasforma in una corrida di male parole. Eppure, ai partiti si richiederebbe di esporre con dovizia di particolari come intendono affrontare un fenomeno che gli italiani percepiscono quale problema prioritario, al pari della sicurezza e dell’economia.

D’altra parte, proprio sul concreto argomento del lavoro, da sinistra a destra già volano le promesse, e non solo gli stracci. Si va da chi giura che ripristinerà l’articolo 18 a chi invece si impegna ad abolire la legge Fornero. Senza dimenticare quanti assicurano l’introduzione del reddito di cittadinanza. Ma tante e tali novità forse sarebbero ascoltate con maggiore attenzione, se i rispettivi proponenti facessero anche lo sforzo di indicarci in che modo e con quale denaro pubblico vorranno compiere i miracoli. E’ come la vecchia storia, prontamente riesumata più o meno da ogni schieramento -ognuno con slogan fai da te-, del “meno tasse per tutti”. Quale contribuente potrebbe non fare festa per una simile prospettiva, ridimensionare il fisco più vorace d’Europa? Ma il motto non può bastare per dare forma alla speranza: servono argomenti seri e calcoli documentati. Per questo esistono le campagne elettorali.

Se le forze politiche non cambieranno rapidamente musica, il rischio è che per cinquanta giorni prevarrà lo spartito dell’insulto e dell’insulso. Da una parte, l’eterna e inconcludente rissa contro gli avversari, anziché il dar valore, spiegandolo, al proprio programma con cui ci si propone per Palazzo Chigi: la gente è sovrana e poi giudicherà. Dall’altra, il vuoto di chi preferisce cavalcare i problemi a parole, anziché illustrare con pragmatismo come risolverli.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi