La conservatrice May fa una scelta rivoluzionaria: il ministero per la solitudine

Se alla solitudine Gabriel García Márquez ha dedicato cent’anni del suo più celebre libro, ora la meno prosaica Theresa May, primo ministro della Gran Bretagna, vi ha dedicato almeno un ministero. Toccherà a una sottosegretaria, la quarantaduenne Tracey Crouch, preoccuparsi di come aiutare nove milioni di persone che, tra anziani e giovani nel Regno pur Unito, sono o si sentono abbandonati dagli altri o nel profondo dell’anima. Verrebbe da chiedersi che cosa potrà mai fare un governo meglio e di più dell’amore altrui, l’unico antidoto per chi soffre di solitudine. Oppure dell’aiuto scientifico della psicanalisi. O del conforto spirituale della religione. Ma soprattutto della mano tesa da parte di amici veri e familiari sensibili verso chi patisce uno stato d’animo che per gli antichi latini era, al contrario, fonte di virtù: “O beata solitudine, o sola beatitudine”, dicevano. E di sicuro nessun Senato di Roma né alcun imperatore avrebbero nominato un pretore addetto alla “solitudo”. Ma un po’ la sindrome della Brexit, un po’ il segno dei tempi -mai siamo stati così in grado di comunicare con chiunque nel mondo; eppure la solitudine cresce dentro di noi-, ed ecco che arriva la svolta di Londra. Svolta, perché si presta a una doppia e opposta lettura. La prima è il sorriso all’idea che la signora Crouch, peraltro un’esperta del tema, saprà come affrontare istituzionalmente il male del secolo che affligge singoli e generazioni. Che farà, metterà in piedi una sorta di gruppo “solisti anonimi”?

Ma se si va oltre la battuta, forse si può scoprire che la scelta di un governo di dare importanza non solo all’economia, al lavoro, alla sicurezza dei suoi cittadini, ma anche a sentimenti così personali da risultare di massa, non è affatto campata per aria. Già la Costituzione degli Stati Uniti si preoccupa della felicità del suo popolo: perché la Gran Bretagna non potrebbe occuparsi del suo opposto, la solitudine? L’epoca post-ideologica nella quale viviamo ha sdoganato le suggestioni, le emozioni, i sogni della gente al di fuori del recinto dei partiti. E perciò anche la depressione, il sentirsi soli perfino allo stadio, è questione privata e politica, perché frutto dell’organizzazione sociale, dei telefonini che ti fanno stare ovunque e da nessuna parte, dell’indifferenza crescente a ogni livello. “La globalizzazione dell’indifferenza”, per ricordare le mirabili parole di Papa Francesco. Senza saperlo, la conservatrice May ha fatto una scelta rivoluzionaria.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi