Referendum in Veneto e Lombardia oppure in Catalogna: la radicale e unitaria differenza

Non tutti i referendum vengono per nuocere. Proprio mentre in Catalogna il tentativo di indire una consultazione per rompere l’unità della Spagna ha provocato una sempre più rischiosa catena di azioni e reazioni tra Barcellona e Madrid (e un conflitto anche nei rapporti personali che si stanno pericolosamente guastando fra cittadini pro o contro l’indipendenza), il voto appena espresso nelle altrettanto importanti Lombardia e Veneto in Italia, indica una direzione di marcia opposta: che si può costruire, anziché distruggere. Che si può farlo nel pieno rispetto della Costituzione una e indivisibile, e con toni moderati. E che il tempo della gente considerata “popolo bue”, in balìa degli imbonitori e preda d’ogni demagogia, è finito. Oggi si mobilitano masse di persone consapevoli e informate, pronte non alla facile indignazione per le inadempienze della Pubblica amministrazione e per le colpe del Palazzo, ma ad assumersi nuove responsabilità. Del tipo lo Stato siamo tutti noi. Qui nessuno è salito sulle barricate dell’anti-Stato (versione catalana).

Riforme, dunque, non rivoluzione. Autonomia, non separazione. Leale collaborazione istituzionale con diritti e doveri per tutti, non il muro contro muro dell’ideologismo rissoso, inconsistente, da campagna elettorale. A proposito: il voto nazionale è alle porte e non sarebbe male prendere esempio dal tono sereno dell’appena archiviata consultazione. Dove, di fatto, non c’era neppure “un’altra parte” schierata e agguerrita, perché perfino i partiti si sono divisi non sul merito dei quesiti, ma sul metodo. Se, cioè, fosse necessario convocare il popolo sovrano, oppure se bastasse una trattativa diretta delle due Regioni con Roma, come ha fatto l’Emilia-Romagna.

Intanto, la prima risposta del disponibile premier Gentiloni ai governatori Maroni e Zaia sembra di uno che ha capito il messaggio sobrio rispetto all’incendiaria Catalogna. Ora la posta in gioco è come accompagnare il pragmatico buonsenso dei lombardi e dei veneti. Scelta che non spetta al governo, ma al Parlamento, chiamato a esaminare e a legiferare sul tema referendario.

Non sarà una passeggiata né per Roma né per le Regioni. Ma il primo passo del lungo cammino è avvenuto nel pieno rispetto della legalità. E di questo, e di questi tempi, tutti gli italiani possono essere contenti almeno quanto i loro connazionali in Lombardia e in Veneto.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi