Perché Kiev, capitale dell’Ucraina, è anche nel Veneto (e in provincia di Brescia, all’ombra del Campidoglio e nel golfo di Napoli)

Kiev, la capitale dell’Ucraina, è anche nel Veneto e in provincia di Brescia, all’ombra del Campidoglio e nel golfo di Napoli.

Anche noi italiani siamo destinati a vivere casa per casa la guerra sciagurata che Putin ha scatenato al cuore geografico e oggi pure umano -non possiamo non essere tutti ucraini- dell’Europa. Dovremo prepararci a subire le nefaste conseguenze economiche in Italia, che potranno essere pesanti e durature. Perché a ogni doverosa sanzione contro lo Zar che ha infranto ogni regola nazionale e internazionale, seguirà il contraccolpo per le imprese che non potranno più esportare. Per i lavoratori che rischieranno di perdere il posto. Per le famiglie che scopriranno bollette più care di tutto. Per cittadini e consumatori colpiti da aumenti improvvisi e improvvidi.

Sarà il nostro prezzo da pagare, e dobbiamo esserne consapevoli da subito. Come il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha detto con chiarezza in un Parlamento che s’è mostrato pronto ad ascoltarlo e a sostenerlo nell’interesse nazionale. Prevedendo, Draghi, financo il ricorso al carbone per poter far funzionare il sistema produttivo. Quasi un’”economia di guerra”, parole che da piccoli avevamo ascoltato solo nei racconti indelebili dei nostri padri, nonni, bisnonni, tanto quel concetto pareva lontano e irripetibile. Invece no, nell’Europa pacificata da 77 anni e benestante da oltre mezzo secolo dovremo imparare in fretta a usare con parsimonia i beni essenziali di tutti. A investire per non dipendere mai più da nessuno per riscaldare le nostre abitazioni e far girare l’industria. A programmare con lungimiranza senza più inseguire il criterio del “purché non si faccia nel mio giardino”. Un egoismo economico che oggi si dimostra fatale per l’Italia, costretta a reinventarsi di corsa la sua politica industriale e a dire la verità alla sua gente: dopo il sacrificio della pandemia, arriva quello dell’economia. Gas e turismo, pane e vino, carne e latte: non ci sarà settore, secondo gli esperti, immune dagli effetti della guerra.

La Russia sanzionata e l’Ucraina occupata inevitabilmente abbasseranno tutte le previsioni di crescita italiana ed europea. Né l’Ue può affidare la sua geopolitica, per sostituire chi non potrà più fornirci le sue materie prime, alla Cina, altro enigma universale.

Bisognerà riscoprire in fretta il senso della Patria, italiana ed europea, per resistere e per ricostruire dopo le catastrofi di guerra e pandemia.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi