Merano, i cent’anni del Liceo Classico e il fantasma del Carducci (quinta puntata)

Caro direttore, tirato più volte in ballo sulla Cronaca di Merano a proposito della petizione per il ritorno del Carducci al Classico, rispondo volentieri. Anche alle “non risposte” date nell’articolo di ieri dal mio ex compagno di classe e oggi dirigente scolastico, Riccardo Aliprandini, che esce dal letargo (siamo amici, l’ironia è consentita) dopo un paio di mesi di pubblico dibattito per dire, solo in parte, come la pensa.

  1. Non ho firmato la petizione per una elementare questione di buon gusto. Sono citato addirittura nella premessa del documento (“tale richiesta fa propria la proposta avanzata dal giornalista Federico Guiglia con più articoli sul quotidiano Alto Adige”), non soffro di una tale dose di narcisismo da sottoscrivere da me ciò che altri dicono partendo da me. Condivido in pieno la lettera e lo spirito dei firmatari, espressione bella, autentica e trasversale della società civile.
  2. Apprezzo e plaudo all’azione di Riccardo e di quanti con lui si batterono per conservare il Liceo Classico “nonostante i numeri”. Ma tale saggia conservazione del più antico istituto scolastico in lingua italiana di tutto l’Alto Adige è stata mutilata con la cancellazione del nome “Giosuè Carducci” non richiesta da nessuno. Aliprandini respinge l’ipotesi che ciò sia avvenuto “per leggerezza”, bensì fu fatto, deduco, in maniera consapevole. Peggio mi sento, allora.
  3. Nessuna legge -citatela!-, nessun accorpamento di sei indirizzi, né alcuna richiesta istituzionale imponevano l’eliminazione del nome storico dell’istituto. In tutta Italia quando gli organi preposti desiderano indicare un nome nuovo per accorpamento, mai lo cancellano: sempre lo aggiungono all’intitolazione storica. Dunque, doveva e poteva essere “Carducci-Gandhi”, come “Duca Abruzzi-Grassi” a Palermo (con l’aggiunta del nome Libero Grassi, l’eroico imprenditore ucciso dalla mafia) oppure “Taramelli-Foscolo” a Pavia (accorpamento dello Scientifico Taramelli al Classico Foscolo).
  4. Aliprandini non risponde -forse perché non gli è stato chiesto-, al come mai la Sovrintendenza Scolastica dell’epoca, che non è un rifugio di pericolosi bolscevichi o di impenitenti reazionari, abbia invitato le autorità scolastiche di Merano a “riproporre il nome del poeta Carducci”. A conferma che nulla vietava, nel “processo di accorpamento”, di conservare il nome con 90 anni di storia ininterrotta.
  5. Riccardo conferma che gli ex liceali ed ex studenti degli altri cinque indirizzi non parteciparono al “concorso di idee” per trovare un nome nuovo. Ma vi sembra sensato che l’opinione di un diplomato con cinque anni di studi alle spalle sia stata esclusa rispetto a un appena iscritto al Liceo o agli altri indirizzi? La scuola non è un club privato per i soli frequentanti in quel momento. La scuola pubblica appartiene alle generazioni che lì si sono formate, alle loro famiglie, alla città di Merano. Appartiene a tutti.
  6. Sorvoliamo sui requisiti, le forme e l’esito di quel “concorso di idee” che aveva partorito anche i nomi di John Lennon e Fabrizio De André. Domando: ci fu un organismo esterno e indipendente a vigilare sulle modalità e sull’esito di quel sondaggio? Lo chiedo perché, quando si prende una decisione di tale portata -cancellare un nome storico-, chi è stato escluso dal poter dire la sua ha il diritto di sapere (non dagli organizzatori, ma da chi, indipendente, ha seguito quel processo decisionale) come andarono le cose. A prescindere dalla correttezza di quanti si adoperarono in quella procedura e per i quali, conoscendo da troppi anni Riccardo, metterei le due mani sul fuoco.
  7. Oggi la denominazione è “Istituto di Istruzione secondaria di II grado “Gandhi”– Merano Liceo classico, Liceo linguistico, Liceo delle scienze umane, Liceo scientifico, Liceo scientifico – scienze applicate, Istituto Tecnico per il settore economico”. Basta aggiungere al Liceo classico due paroline: “Giosuè Carducci”. Dove sta l’irrisolvibile problema? “Anche dagli altri istituti, ad esempio il Pisano, potrebbero avanzare la stessa richiesta del Classico”, dice Aliprandini. Eh no, amico mio, perché il centenario è solo del Classico, non del Pisano. Ma se gli ex studenti del Pisano avanzassero la richiesta di riproporre il loro nome, io la appoggerei in pieno. I nomi non sono un fastidioso prurito dei tempi che furono e che cambiano. I nomi sono il futuro della memoria, che nessuno, anche con il migliore dei propositi, ha il diritto di sradicare con una certa leggerezza (o con molta consapevolezza). “Istituto di Istruzione secondaria di II grado Gandhi-Merano Liceo classico Giosuè Carducci”: questa può essere la soluzione tecnica e di elementare buonsenso per rispettare le sensibilità di tutti. Rispettare, ecco il verbo che unisce il Gandhi al Carducci. Ma “la società si è evoluta”, Aliprandini dixit. Concordo: s’è evoluta al punto da rifiutare la demagogia e l’ideologia della “cultura della cancellazione”.
  8. Respingo con un sorriso le insinuazioni sul presunto “classismo” dei carducciani. Nella mia e nostra classe (diploma 1978) non c’era una sola famiglia aristocratica né ricca, vero Riccardo? Io stesso potei andare in gita scolastica solo perché il Liceo pagò le 100 mila lire dell’epoca (la mia famiglia allora non poteva) per consentirmi di conoscere la meravigliosa Venezia. Si rassegnino quelli che, via social, vorrebbero buttarla in politica con un ideologismo delirante, offensivo e strumentale. Questa petizione è senza padrini e senza padroni. E’ il frutto libero e trasparente di ex liceali d’ogni idea politica, religiosa, generazionale, linguistica (sì, hanno firmato anche ex allievi di lingua tedesca), che vogliono semplicemente il rispetto della verità. La verità storica e di tutte le nostre vite. Se poi diversi di noi hanno avuto anche l’opportunità e la fortuna di affermarsi nel proprio lavoro, a Merano o altrove, questo dovrebbe essere considerato non una colpa classista, bensì un merito civico legato anche e proprio all’eccellenza del Carducci.
  9. Sono pronto a un dibattito pubblico con Riccardo Aliprandini aperto agli interventi di chiunque (potrebbe moderarlo il direttore dell’Alto Adige, Alberto Faustini, a cui si deve questo proficuo dibattito). Approfondiamo insieme i temi posti dalla petizione con civiltà, e vediamo se si può trovare, come sono certo di sì, un punto d’incontro. Qui non ci sono né buoni né cattivi, ma solo due punti di vista che possono conciliarsi e completarsi. Facciamolo pure al Gandhi, il dibattito, così si capirà al meglio perché sia tanto importante dare il bentornato al Carducci, non più fantasma e accanto al “Mahatma”.

Pubblicato sul quotidiano Alto Adige