Il 25 aprile, 78 anni dopo

Sono passati 78 anni dal 25 aprile 1945. Ma, a giudicare dalle polemiche politiche in pieno e strumentale corso, sembra che dalla Liberazione del fascismo il tempo conti ben poco. Anche se da svariate generazioni non viviamo più sotto dittatura, e perciò oggi potremmo “liberamente” ricordare quel suggello della fine -fine anche della guerra civile e non solo della guerra mondiale- come un momento importante per tutti gli italiani. Memoria, dunque, da celebrare in modo unitario e non pretesto politico, l’ennesimo, perché maggioranza e opposizioni se le diano di santa ragione a colpi di antifascismo. Concetto che il centrodestra vorrebbe associare all’anticomunismo, cioè alla condanna di tutti i totalitarismi, mentre il centrosinistra intende valorizzare a sé, quale valore fondante della Repubblica.

La divisione è pure semantica, se si pensa che nella mozione per il 25 aprile presentata al Senato dalla coalizione di governo, la parola antifascismo non c’è. Ragion per cui l‘opposizione non l’ha votata. A differenza della maggioranza che ha, invece, approvato il testo proposto dalle opposizioni. Sottolineando, da destra, che neanche nella Costituzione è scritta la parola antifascismo (così il presidente del Senato, Ignazio La Russa) e replicando, da sinistra, che la nostra Carta ne è il frutto evidente e attuale (Elly Schlein, leader del Pd).

Il classico dialogo tra sordi, seguito da chiarimenti e precisazioni, che però non si svolge sul piano nazionale di ripresa o sulla guerra di Putin, bensì sulla pelle della Storia. E mancano ancora 4 giorni per la ricorrenza: si può immaginare dove la polemica fra le parti potrà arrivare sull’onda delle tante iniziative annunciate, degli appelli promessi, degli incontri e delle visite previste. Come quella di La Russa, che il 25 aprile, dopo la partecipazione alla cerimonia all’Altare della Patria, volerà a Praga e omaggerà il ricordo di Jan Palach, il patriota cecoslovacco simbolo della Resistenza anti-sovietica, e le vittime del nazismo del campo di concentramento di Theresienstadt.

Ma lo scontro sul 25 aprile non fa bene a nessuno. Mescolare storia e politica danneggia l’una e l’altra. Se la politica non saprà trovare un approccio condiviso toccherà, come spesso accade, al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, incarnare il futuro della memoria.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi