Lino Banfi commissario italiano per l’Unesco? E perché no?

Per molti è rimasto Oronzo Canà, il mitico allenatore di calcio protagonista di un film di culto -anni Ottanta-, per gli appassionati del pallone. Per altri è diventato nonno Libero, di nuovo un protagonista di una fortunata serie televisiva. Certo è che Lino Banfi, alias Pasquale Zagaria nato ad Andria, in Puglia, ottantadue anni fa, non è soltanto uno degli attori più popolari d’Italia. E’ anche un signor professionista avvezzo ad ogni ruolo con registi di talento.

Perciò la sua fresca nomina nella commissione italiana per l’Unesco, una nomina annunciata con entusiasmo dal vicepresidente del Consiglio e suo spettatore-ammiratore Luigi Di Maio, non può che aprire un dibattito molto serio, come succede sempre quando c’è di mezzo un comico: ma Banfi sarà la persona giusta per rappresentare, assieme ad altri italiani, un organismo internazionale preposto non alla risata, bensì all’educazione, alla scienza e alla cultura?

Tra i primi a insinuare il dubbio, o forse solo a volersi divertire alle spalle di Di Maio, l’altro vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini. Che ha citato Jerry Calà, Renato Pozzetto e Umberto Smalia come possibili altri candidati “ambasciatori” dell’italianità nel mondo.

Ma la scelta di un artista di rendere gli altri felici a colpi di battute e con sorrisi non lo isola mai dall’impegno sociale. Lo stesso Jerry Calà ironicamente evocato da Salvini, partecipa anche ad iniziative solidali, come fanno molti e noti attori. Nessuno si chiude nella torre d’avorio.

Non è detto che il Banfi prescelto farà meglio di un alto funzionario ben più preparato di un comico per un compito così rilevante. Ma non è detto neanche il contrario: perché mai il Banfi nazionale, già ambasciatore dell’Unicef, oltretutto, non potrebbe risultare persino più bravo, non solo come testimonial, di un oscuro burocrate?

A chi storce il naso, bisogna ricordare la lezione degli Stati Uniti.

Nella nazione più potente dell’universo un mediocre attore di nome Ronald Reagan è diventato uno dei più importanti e amati presidenti di sempre. Perché non è il mestiere né l’abito che fanno il monaco: è la personalità di chi si impegna e crede in quel che fa, a fare la differenza.

L’esordio di Banfi è comunque promettente: niente inglese e niente laurea, sono state le due condizioni che ha posto per accettare il nuovo incarico. Chi continua a giocare a non prendersi sul serio, può fare cose molto serie per l’Italia e per l’Unesco.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi