Israele, la missione (per ora) impossibile di Biden

Non era mai successo che un presidente degli Stati Uniti si precipitasse in Israele in pieno momento e contesto di guerra. Ma il viaggio di Joe Biden, ieri in Medio Oriente, aveva un obiettivo plateale e un altro politico: far vedere al mondo che Washington sta dalla parte dello Stato ebraico, e unica democrazia dell’area, attaccato con ferocia e viltà da Hamas.

Allo stesso tempo, tentare di impedire che il conflitto possa dilagare oltre il già ampio territorio dei missili che volano dal Libano su Israele, degli incessanti bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza, del vertice che il presidente americano aveva programmato in Giordania col leader dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, col presidente egiziano Al Sisi e altri capi arabi. Un vertice annullato dalle autorità di Amman dopo un altro eccidio di innocenti: 471 persone uccise, l’altro ieri sera, in un ospedale di Gaza colpito -secondo Hamas- da un raid israeliano.

Ma gli israeliani accusano la Jihad islamica del crimine compiuto a causa di un errore nel lancio di un razzo dalla Striscia e ne forniscono la prova documentale audio e video. Versione confermata da fonte americana.

Tuttavia, la verità dei fatti conta poco, quando il clima di guerra si fa incandescente. A prescindere dalle responsabilità di chi l’ha provocata, l’orrenda strage all’ospedale di cui sono rimaste vittime i palestinesi, anche bambini, che si stavano curando o che vi si erano rifugiati, infiamma le piazze di tutti i Paesi arabi, dalla Tunisia all’Arabia Saudita. Alcune proteste portano all’assalto di ambasciate israeliane e statunitensi.

Non poteva essere più drammatica, dunque, la missione per ora impossibile di Biden. Che è stato prodigo di consigli anche per il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu: non commettete i nostri sbagli dopo l’11 settembre, gli ha detto. In sostanza, non deve essere la rabbia a muovere la comprensibile reazione di Israele per i delitti contro l’umanità firmati e filmati da Hamas il sabato di sangue 7 ottobre.

Ma la crisi in Medio Oriente sconvolge anche l’Europa. Tutti i Paesi rafforzano controlli e frontiere dopo l’omicidio di due tifosi di calcio svedesi, lunedì scorso a Bruxelles, ad opera di un immigrato illegale tunisino che ha rivendicato i suoi colpi di kalashnikov “per vendicare i musulmani”. E’ allarme bomba in diversi aeroporti francesi. “Bisogna espellere i migranti che minacciano la sicurezza”, ora ammonisce la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.

Per i nostri Paesi il rischio è di due tipi: i lupi solitari e la radicalizzazione di fanatici sull’onda, esplosiva, del Medio Oriente.

Pubblicato su L’Arena di Verona, il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi