Le Olimpiadi di Tokyo insegnano: dove batte il cuore, lì c’è l’Italia

La domenica della leggenda, che tutti ricorderemo e racconteremo, va ben oltre i 100 metri corsi in 9,80 secondi da Marcell Jacobs e i 2,37 metri saltati in alto da Gianmarco Tamberi detto Gimbo.

Se continua a essere “Volare” la canzone italiana più conosciuta nell’universo, ecco che l’uomo più veloce del mondo e quello più capace di alzarsi a due passi dal cielo con elegante gesto atletico confermano che Domenico Modugno aveva visto giusto nell’evocare, ai tempi del risveglio nazionale del boom, quel Blu dipinto di Blu che oggi diventa Azzurro di ori e di sogni.

Volare come sognare, e il primo posto nel podio conquistato da due italiani che del sacrificio avevano fatto la loro speranza di rinascita, è un esempio di fiducia e di bellezza per tutti: niente è impossibile per un’Italia che scommette sulla ripresa, quando si crede in quello che si fa e si coltiva il talento con lavoro, lavoro e ancora lavoro.

Se c’è un insegnamento che già si può trarre dal tesoro delle 27 medaglie finora vinte dai nostri colori alle Olimpiadi di Tokyo -le prime e speriamo ultime dell’era Covid-, se c’è una lezione resa ancor più dolce dagli ori dell’atletica che riportano l’Italia al nono posto in classifica, dove meritava di stare secondo storia consolidata, è che si arriva più lontano gareggiando con lo spirito unitario di una squadra.

I campioni, necessari e unici, sono il frutto di un sistema che investe nei giovani, accompagnandone gioie e dolori. Dopo 41 anni, è venuta meno l’aurea eccellenza della nostra scherma. Niente paura: il settore saprà ricostruirsi presto, com’è avvenuto nel calcio, dove la Nazionale ha vinto l’Europeo dopo che non s’era qualificata al Mondiale.

Ma l’aver creduto e puntato su tutte le discipline, portando a Tokyo la delegazione qualificata più numerosa di sempre, s’è dimostrata scelta vincente anche per riempire le mancate aspettative delle specialità a noi più favorevoli. E così alle Olimpiadi di Parigi potrà andare una squadra nel frattempo cresciuta, maturata e arricchita.

Arricchita anche nel constatare che l’uomo più veloce del mondo, l’italiano Marcell Jacobs, è nato in Texas da padre americano e mamma italiana. Non vede l’ora, ha detto, di cantare l’inno di Mameli.

Come Paola Egonu, la pallavolista più forte al mondo, nata in Italia da genitori nigeriani. Anche questo Tokyo insegna a quei politici che non guardano alla realtà dei fatti: dove batte il cuore, lì c’è l’Italia.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi