Certificazione verde, perché la scuola sarà il vero banco di prova

La richiesta del generale Figliuolo alle Regioni sul numero dei professori vaccinati più che una domanda suona già come una risposta: il governo ha bisogno dei dati per decidere come e quanto estendere il preannunciato obbligo del certificato verde ai docenti.

Ma, dopo un anno e mezzo di drammatica esperienza di pandemia, ci sono errori che non si possono più commettere. Il primo sarebbe limitare agli insegnanti le misure di protezione, visto che i rischi maggiori di contagio derivano dalla quantità di studenti. E dalle loro abitudini tipiche dell’età e dell’importanza della scuola nello stare insieme come lezione di vita. Dunque, il governo dovrebbe valutare anche come spingere gli studenti sopra i 12 anni a vaccinarsi, oltre alla regola delle tre emme: mascherine, metro di distanza e mani pulite.

L’altro e ancor più grave errore sarebbe emanare le solite impotenti “forti raccomandazioni”. Servono, invece, norme chiare, efficaci e uguali per tutti, non già lasciate alla pur volenterosa, ma spesso contraddittoria interpretazione degli organi scolastici o delle Regioni. Guai a tornare alla confusione del 2020, l’anno dei ridicoli banchi a rotelle. Guai a non prevedere spazi nelle scuole e l’organizzazione dei trasporti in tempo. Perché lo sforzo del governo dev’essere di riportare tutti a scuola. Sarebbe imperdonabile dover ricorrere alla didattica a distanza per la terza volta, e solo a causa dell’impreparazione alla riapertura scolastica. Non ci sono più scuse. E c’è pure il vaccino.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi