La legislatura è finita, andiamo in pace (si fa per dire…). Ma alla ricerca della stabilità

Con la manovra che diventa legge dello Stato, la legislatura si prepara a spegnere le luci del suo ultimo Natale. E anche la politica, fedele all’italico motto che nel nostro Paese niente è più definitivo del provvisorio, si accinge al bilancio di fine anno con la conferenza-stampa di un Gentiloni che doveva essere di passaggio. Eppure, è pronto a dire la sua come se avesse governato da sempre (e potrebbe dirla ancora dopo le elezioni nell’ipotesi, non peregrina, di un nuovo Parlamento senza vincitori né vinti).

Ma prima che i partiti scaldino i motori per una campagna che, complice la legge elettorale proporzionale introdotta, sarà all’ultimo voto, cioè all’ultimo sangue, ogni riflessione sul 2017 che se ne va, dovrebbe essere fatta in virtù del nuovo anno che arriva. E quel che unisce l’addio al benvenuto, è la lenta, insufficiente, piena di contraddizioni, ma indiscutibile ripresa che l’Italia comincia a registrare dopo il tempo della lunga crisi. Se l’economia tira di nuovo, se possiamo sperare di rivedere le stelle della crescita, una politica saggia dovrebbe tutta, e tutta insieme, rivendicarne i meriti. E, soprattutto, accompagnare la nuova speranza all’insegna della stabilità. Sembra un paradosso, ma è un dovere elementare: proprio la prossima legislatura che fra Berlusconi e Renzi, tra Grillo e Grasso, tra nuove formazioni e vecchia politica per mancanza di maggioranze assolute o financo relative difficilmente proclamerà un presidente del Consiglio con una solida coalizione alle spalle, dovrà trarre dal male il bene. Dall’incertezza la forza per non interrompere i nuovi e incoraggianti segnali per i cittadini. Oltre all’economia, nostra angustia quotidiana, anche l’angoscia per il terrorismo che ha colpito quasi ovunque, ma non in Italia, è un elemento che dovrebbe aiutarci a non disperare mai. Neppure a fronte del più imprevedibile degli orrori.

Da tempo le grandi questioni del mondo, che comprendono anche l’ambiente e uno sguardo rigoroso e compassionevole verso le tragedie nel Sud del mondo, richiedono responsabilità collettive nella distinzione dei ruoli. L’”inciucio” è brutto fin dal nome. Ma tale rischio, insito nella legge elettorale, si eviterà solo se governo e opposizione da posizioni distinte e distanti agiranno nella stessa direzione sui temi strategici: far crescere l’Italia e darle sicurezza. Stabilità non è una parolaccia: è interesse nazionale, è il nostro destino.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi