Il caso Skripal, l’espulsione dei diplomatici e l’interesse nazionale dell’Italia

E’ la più grande espulsione di diplomatici che si ricordi: più di cento funzionari russi rimandati a casa dall’Occidente, visto che tale decisione è stata presa d’intesa fra i governi degli Stati Uniti, di quattordici nazioni europee (compresa l’Italia, che ne ha dato il benservito a due) e del Canada. E così sul caso Skripal, dal nome dell’ex agente del Kgb avvelenato, insieme con la figlia, con gas nervino a Londra, si apre una crisi senza precedenti. Da una parte la Gran Bretagna, che accusa il Cremlino d’essere il responsabile del duplice tentato omicidio in violazione d’ogni diritto interno e internazionale. Dall’altra Mosca che, annunciando analogo atto di ritorsione diplomatica, nega qualsiasi coinvolgimento: “Non c’è alcuna prova di una nostra ingerenza, è un atto ostile e ipocrita”.

Ma non meno determinata, in questa guerra delle spie che si consuma anche col veleno delle parole, è Londra, che denuncia la possibile mano dello stesso Putin nella storiaccia. E che paragona -lo ha fatto il ministro degli Esteri, Johnson-, l’ormai prossimo Mondiale in Russia alle Olimpiadi di Hitler del 1936.

E’ una sfida senza esclusione di colpi e i Paesi euro-americani non potevano restare a guardare. Anche quella dell’Italia era una scelta obbligata: la solidarietà alla nazione alleata che grida al mondo la sua rabbia e il suo disgusto per un atto intollerabile.

Ma, nell’attesa di una documentazione minuziosa delle accuse (il coinvolgimento del Cremlino oppure no è un elemento decisivo, e va dimostrato al di là di ogni dubbio), è inimmaginabile pensare che il rapporto con Mosca possa regolarsi a colpi di diplomatici cacciati.

Già le sanzioni che l’Unione europea ha adottato contro la Russia, e di cui è facile, se il conflitto non si risolverà, prevederne l’intensificazione, sono materia controversa. Mai le sanzioni sono servite per indebolire i regimi sott’accusa. E poi le ripercussioni economiche fanno male a tutti. Ai cittadini del Paese colpito e alle aziende -molte delle quali italiane- che verso quel Paese producono ed esportano. La controprova è l’appena avvenuta rielezione di Putin a furor di popolo, segno che le misure restrittive dell’Ue contro Mosca per l’annessione della Crimea e la destabilizzazione dell’Ucraina non lo hanno minimamente scalfito. L’Italia faccia valere la sua lealtà occidentale e il suo interesse nazionale.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi