Coronavirus, condannati a convivere con la seconda ondata

La seconda ondata d’autunno, tanto annunciata e temuta, ha cominciato a farsi viva prima del previsto. S’è affacciata in piena estate ovunque in Europa. E poco consola se Spagna, Francia e Germania –quest’ultima costretta a chiudere un centinaio di scuole appena riaperte-, registrano molti più contagi di noi. Conforta, invece, che i malati di oggi non siano, mediamente, di così grave livello né di diffuso numero come lo erano all’inizio della drammatica epidemia.

Ma già questa doppia sorpresa (l’anticipato ritorno della pandemia e un approccio più consapevole da parte di tutti che rende la sfida del Covid più controllabile e perciò battibile), insegna almeno due cose: che neanche i più bravi medici e virologi possono dare certezze definitive su un virus del tutto sconosciuto al mondo fino a pochi mesi fa. E insegna, poi, che con il coronavirus dobbiamo imparare a convivere. Solo la scoperta di un vaccino o di farmaci di comprovata difesa potranno cancellare, un domani, la condanna che stiamo già scontando: di doverci attenere a una sensata prevenzione per non farci colpire alle spalle dal nemico invisibile con cui dividiamo le giornate e la cronaca. Anche l’ultima notizia conferma la convivenza forzata a cui dovremo abituarci: il manager Flavio Briatore ricoverato per Covid e ben 63 i casi positivi accertati nello staff del suo Billionaire. Persino lui, Briatore, che aveva polemizzato per la decretata chiusura delle discoteche, sta purtroppo sperimentando sulla sua pelle quanto la malattia possa essere insidiosa.

Dunque, né minimizzare né terrorizzare: evitare i due estremi della demagogia in nome della libertà e della paura in nome della sicurezza.

E allora sarà la scuola a dover dare l’esempio al Paese di come e quanto si possa convivere col rischio senza ricorrere al contrapposto ideologismo: fingere che il virus sia inoffensivo, e perciò sorvolare sull’obbligo delle mascherine, del metro di distanza e delle mani lavate. Oppure, al contrario, già prospettare, nell’ipotesi di contagi facilmente prevedibile, la chiusura dell’istituzione scolastica che ripartirà il 14 settembre.

Ancora una volta, fra i due eccessi la terza via si chiama responsabilità. Il conto alla rovescia deve portare a un Paese capace di tenere vivo, cioè aperto, il suo più importante settore strategico qual è la scuola, garantendo sicurezza a tutti con misure sagge e praticabili.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi