Coronavirus, arriva il vaccino della buona speranza. Ma nell’attesa guai a mollare

Li chiamano “candidati vaccini”, perché ancora non si sa se e quali fra essi, aspiranti, potrà arrivare al traguardo dell’autorizzata somministrazione per tutti. Ma la corsa a quest’oro del XXI secolo già in fase di sperimentazione e unica certezza -oggi- per poter affrontare il Covid-19 ad armi scientificamente pari, si arricchisce di concorrenti.

Dopo l’annuncio del vaccino americano-tedesco Pfizer-Biontech in arrivo, ecco che Moderna, un’altra azienda statunitense, dichiara d’averne creato uno più efficace e con meno difficoltà di trasporto e conservazione. E l’Agenzia europea del farmaco ha intanto cominciato le pratiche di approvazione per altri cinque “candidati vaccini”. Tra i quali quello dell’Università di Oxford in collaborazione con l’italiana Irbm di Pomezia: primo in Occidente a essere già entrato nell’avanzata fase tre. Senza poi dimenticare la via russa del vaccino Sputnik V.

Dunque, una speranza s’aggira per il mondo, anche se l’esito finale spetterà alla libera ricerca di scienziati e alla forte produzione delle aziende che continuano a scambiarsi dati, studi e previsioni sulla pandemia più insidiosa e sconosciuta del nostro tempo.

Ma allora il coronavirus ha i mesi contati? Niente illusioni e piedi ben piantati per terra. Anche se si arriverà all’immunizzazione di massa, e comunque non prima della metà del 2021, la convivenza col nemico a quel punto finalmente disarmato sarà ancora lunga e complessa. E’ una malattia che “stiamo imparando”, come ha detto il professor Roberto Cauda, direttore malattie infettive del Policlinico Gemelli a Roma. Nessuno sa oggi con certezza quali eventuali conseguenze il Covid potrà lasciare anche sul popolo nel frattempo vaccinato.

Ma intanto è decisivo che lo Stato non perda più un minuto del troppo tempo finora sciupato per preparare adesso la capillare distribuzione del vaccino prescelto. Secondo il commissario Domenico Arcuri, tale vaccino non arriverà subito né potrà essere disponibile per tutti. Il governo confida di poter vaccinare i primi italiani (meno di due milioni di persone, neanche il 3 per cento della popolazione) alla fine di gennaio. Partendo dal personale sanitario e militare e dagli anziani.

Ma la luce che s’intravede in fondo al tunnel, non diventi alibi per abbassare la guardia e le mascherine. I nuovi casi, i decessi, il tasso di positività dei tamponi: tutto è alto e preoccupante. L’annuncio dei vaccini ci dice che siamo sulla buona strada. Per non tornare indietro.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi