La partita con il Covid: la mossa di Johnson. E quella (molto diversa) di Draghi

Nella lunga partita con la pandemia, Boris Johnson prova a fare scacco al Covid: liberi tutti, anche dalle mascherine e dai distanziamenti sociali. Rispetto agli altri Paesi europei che legiferano in ordine sparso contro il virus, la Gran Bretagna cavalca la sua Brexit rompendo gli indugi. Con l’81 per cento dei cittadini vaccinati, il premier tenta la strada dell’immunità di gregge, decretando la fine di ogni restrizione.

Scelta avveduta o avventata? Gli esperti, anche inglesi, si dividono.

Certo è che, nonostante i 30 mila contagi al giorno, ricoveri e decessi non hanno subìto impennate. Tutto grazie ai vaccini, che ora Johnson vuole estendere pure ai dodicenni.

Eppure, con la ripresa scolastica e il pieno ritorno autunnale al lavoro e al trasporto, snobbare i rischi dell’epidemia, quasi sfidarla come se già fosse sconfitta, può rivelarsi un azzardo. Ecco perché il modello-Johnson, che pure è basato sull’importanza decisiva del vaccino, non attecchisce altrove. Neppure in Israele, il Paese con la più rapida e capillare campagna di immunizzazione, dove ora preoccupa la variante Delta. Ma dove ampie fasce non sono ancora vaccinate o hanno avuto solo una dose.

Al liberismo politico-sanitario di Boris si contrappone la strategia del “rischio calcolato” di Mario Draghi e altri leader europei all’insegna del rigore e della prudenza: vaccinare al più presto il maggior numero di persone. E riprendersi la libertà nella tranquillità che il certificato verde può assicurare a sé e agli altri contro gli effetti più gravi del Covid.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi