C’era una volta il Che (ma il suo sigaro è spento a Rosario, Argentina)

Sulla targa il volto non c’è, come se il tempo l’avesse divorato. Uno schizzo ne ritrae soltanto la circonferenza del basco, che parte da sinistra e poi scende verso destra per disegnare, di profilo, un accenno di barba. In alto e in mezzo la stella non è rossa ma blu. Dice la scritta a fianco: “1928-1967. A pochi metri da questa piazza è nato Ernesto “Che” Guevara. Un cittadino di Rosario che ha lottato per una società più giusta e solidale”.

E’ stato il rivoluzionario più bello del mondo. Eppure nella sua città appare senza faccia. E’ stato il guerrigliero più politicizzato del mondo. Eppure la sua città lo ricorda come un Uomo Qualunque. E’ l’icona più fotografata e stampata su magliette e bandiere d’ogni Continente. Eppure qui, dov’è venuto al mondo, il mito non è diventato neppure una favola. C’era una volta il Che. Ma il principe ha il sigaro spento, a Rosario.

(Tratto dal mio libro “Se il mondo finisce qui”, Ideazione Editrice, Roma, 2004)