Verona, era morta da diciotto mesi ma nessuno la cercava: quando il buio cala sulla porta accanto

Persino nell’impervia Amazzonia del Brasile più profondo e lontano è stato possibile filmare l’unico e ultimo rappresentante cinquantenne di una tribù ormai scomparsa: si vede l’uomo mentre taglia legna da un albero, dopo aver tagliato ogni ponte col resto del mondo. Lui non s’accorge che lo stanno riprendendo per studiarlo: come si fa a vivere soli, senza abiti e comodità nell’età più interconnessa della storia?

Eppure, la realtà è ben più nuda e tagliente. E’ l’era digitale che ci sta divorando più di una foresta. Telecamere abbondano in luoghi pubblici e privati. Un clic sul computer e si scopre tutto di chiunque in qualunque parte del mondo.

Ma in questo tempo che ci spinge a farci gli affari degli altri senza tanti perché, in quest’epoca dove la conoscenza e il sapere stanno per fortuna diventando un patrimonio dell’umanità, può capitare di morire in casa, a Verona, all’insaputa dell’universo. E di restare sul letto per diciotto, lunghissimi mesi, cadavere dell’indifferenza.

La solitudine di Cristina Frattini è stata più forte di internet, dei video per strada, dei controlli diretti e indiretti a cui nessuna delle nostre esistenze può più sfuggire. Altro che Amazzonia. La selva oscura che condiziona le nostre anime, nonostante la società più aperta di sempre in cui viviamo, ha impedito ai residenti del quartiere e ai burocrati delle istituzioni, ai conoscenti di domandarsi: ma com’è che la signora Frattini, una sessantenne già di suo riservata, divorziata, senza figli, non si vede in giro da un pezzo? Come mai nella sua casella postale s’accumulano bollette? Perché da quel piano terra non si sente più un rumore e comincia a sentirsi un brutto odore?

Il buio non è oltre il giardino, il buio cresce dentro di noi senza che ce ne accorgiamo. Come quell’indigeno “studiato” dall’altra parte dell’oceano, anche noi stiamo diventando alieni. Certo, più informati, meglio vestiti, consapevoli di vivere in anni difficili, e tuttavia meravigliosi, perché niente è più bello d’ogni minuto della vita. Aspiriamo alla felicità, ma possiamo inciampare nell’insensibilità.

Ci battiamo per cause nobili e lontane, ma non bussiamo alla porta accanto per sapere se il vicino ha bisogno della nostra generosità.

Cristina Frattini, un anno e mezzo di solitudine. Nessuno la cercava. Neanche per “documentare” ai posteri come si può morire nell’epoca più vitale che il mondo abbia mai conosciuto.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi