Ultimi fuochi di campagna elettorale (e non solo)

Le tensioni non giovano a nessuno, tantomeno al Paese che ha bisogno di ripartire in un clima di leale contrapposizione -e financo di intesa sulle grandi scelte nazionali e internazionali- fra maggioranza e opposizione.

Ma le minacce contro le istituzioni legittimate due volte, prima dagli elettori italiani e poi dal Senato della Repubblica, sono altra e intollerabile cosa, come l’intero arco politico ha prontamente capito, solidarizzando con Ignazio La Russa. E’ lui, il neo-presidente di Palazzo Madama, il bersaglio del doppio “avvertimento” su cui indaga la Digos: uno striscione esposto a Roma vicino al Colosseo con la scritta “Benvenuto presidente La Russa, la resistenza continua”, con il suo nome rovesciato, cioè simbolicamente a testa in giù, rispetto alle altre parole. Firmato “Cambiare Rotta”. E poi una scritta con lo spray comparsa sulla serranda di una sede di Fratelli d’Italia frequentata da Giorgia Meloni quand’era ragazza in un quartiere romano. E’ firmata con la famigerata stella a cinque punte e la sigla Antifa. Dice: “La Russa, Garbatella ti schifa”.

“Spero che il senso di responsabilità della politica prevalga sull’odio ideologico”, ha reagito la Meloni. Il Pd e tutte le opposizioni concordano nel condannare quei gesti di intimidazione, che rischiano di rievocare un passato di violenza sconfitto proprio dall’unità dello Stato e dei partiti.

Altro e diverso capitolo è quello della dura e a tratti insultante polemica a cui stiamo assistendo fra esponenti di centrodestra e centrosinistra.

E’ vero che certe abitudini delle reti sociali, dove è facile arrogarsi il diritto di offendere il mondo, hanno cambiato le regole più elementari dell’educazione e del rispetto. Ma il Parlamento non è una succursale del bar sport. Il buon esempio sarebbe gradito anche al tempo di internet.

Non s’insultano, ma se le suonano Letta e Meloni. “Logica perversa e incendiaria” per le presidenze delle Camere, accusa il leader del Pd da Berlino. “Letta si scusi, affermare all’estero parole gravissime sono un danno per l’Italia”, ribatte lei. Il botta e risposta continua come in un dialogo tra sordi.

Eppure, al di là degli ultimi fuochi da campagna elettorale, entrambi sono consapevoli che non potranno fare a meno l’una dell’altro, ciascuno nel proprio e distinto ruolo, se vorranno contribuire all’interesse nazionale. Saranno condannati a parlarsi, non importa se ad alta o a bassa voce.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi