Strage di Orlando, quando il fanatismo di chi odia il mondo spara nel mucchio

Assassino omofobo o terrorista dell’Isis? Quando un uomo entra in una discoteca d’Orlando, in Florida, e spara contro persone che stanno ballando, uccidendone più di cinquanta e ferendone almeno altrettante, viene subito in mente il Bataclan di Parigi. Allora, il 13 novembre dell’anno scorso, furono tre uomini ad aprire il fuoco e assassinare novantatré innocenti che assistevano, anch’essi spensierati, a un concerto. Col sangue gli attentatori di matrice islamica si presentavano alla Francia e al mondo.

Purtroppo l’istinto di associare le due stragi così lontane tra loro, ma così simili soprattutto per la loro violenza, rischia di non essere del tutto peregrino. Dai primi accertamenti la verità non è ancora chiara. Anche questo massacro avvenuto in un locale notturno per gay, e che rappresenta l’attacco d’armi più grave subìto dagli Stati Uniti dopo l’attentato alle Torri Gemelle nel 2001, è per ora ricondotto a un bivio fatale: forse opera di una guardia giurata che detestava gli omosessuali, “era furioso da quando aveva visto due uomini baciarsi”, ha detto il padre afgano, negando risvolti terroristici del figlio. Ma il ventinovenne Omar Seddique Mateen, il killer, prima d’essere ucciso dagli agenti ha chiamato il 911, che è il telefono d’emergenza della polizia, per dichiarare la sua fede nell’autoproclamatosi Stato dell’Isis. Dunque, la strage è forse opera di un terrorista imbevuto di fanatismo anti-occidentale. Ma diceva il vero al telefono, il mostro? O era solo l’ultimo tentativo dell’esaltato di mascherare il suo atto ignobile? Intanto, i siti jihadisti esultano, e una rivendicazione dell’Isis -da verificare- già è diffusa via web. L’Fbi, peraltro, aveva indagato due volte su di lui: sospettato Omar Seddique Mateen lo era sicuro.

In attesa dell’inchiesta, lo stesso presidente americano Obama ha scelto prudenza e determinazione, parlando di “atti di terrore e di odio che non cambieranno ciò che siamo”, mentre il candidato Donald Trump esige “pugno di ferro contro il terrorismo islamico”.

Qualunque siano le inaccettabili ragioni o le ispirazioni che abbiano indotto l’assassino ad accanirsi contro inermi in festa, il fanatismo spara sempre nel mucchio. Chi vive di radicali pregiudizi non rispetta mai ciò che non condivide, e può pensare di regolare i conti col mondo -il mondo che merita solo il suo odio sconfinato-, perfino a colpi di pistola. E in America armarsi è un esercizio alla portata di chiunque.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi