La vera sfida dell’8 marzo

Quando si celebra l’8 marzo, l’unica giornata dell’anno che il vecchio calendario e la storia recente hanno deciso di dedicare alla donna, due sono le insidie permanenti.

La prima è che la ricorrenza affoghi in un mare di retorica. La seconda, che la parità di genere, cioè il traguardo concreto e forse non così lontano per rendere la festa delle mimose una delle tante della nostra vita -anziché l’evento che almeno un giorno su 365 aiuta le generazioni a riflettere e a reagire-, non si trasformi in una ridicola contrapposizione tra uomo e donna. Posto che soltanto insieme i problemi del nostro tempo, e della nostra Italia, si possono risolvere. Non all’insegna del conflitto, dunque, ma dell’unione, e già siamo sul piano inclinato della retorica.

Quali poi siano i problemi che ancora oggi, nel terzo millennio, impediscono alla donna di realizzare in pieno la sua personalità e di far valere i suoi diritti universali, lo sanno tutti, a cominciare dagli uomini.

Ma bene ha fatto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a ricordacelo con parole semplici, che tuttavia evocano concetti profondi e purtroppo radicati, alcuni dei quali si perdono nella notte dei tempi. Altri sono invece di un’attualità senza attenuanti. E ogni riferimento ai femminicidi -in media uno ogni tre giorni- è voluto.

Mattarella ha sottolineato che alle donne, e in ogni campo, si richiede “un supplemento di fatica” per affermarsi. Che sono sempre chiamate a superare “esami e giudizi più rigorosi”. Che pagano “un onere occulto”, frutto di pregiudizi e stereotipi tramandati per secoli.

Eppur si muove, il fenomeno denunciato, e che in certi ambiti ancora vede le donne pagate meno degli uomini, pur facendo lo stesso lavoro.

Ma tutto cambia, come testimonia la presenza femminile alla pari per esempio nella magistratura, dove appena sessant’anni fa alle donne era precluso il concorso. Come testimonia Giorgia Meloni alla guida del governo (ed Elly Schlein dell’opposizione), in un Paese che ha riconosciuto il diritto di voto alle donne nel 1946, cioè in un’età storicamente contemporanea. Come testimonia perfino Sanremo, il festival della canzone italiana vinto, e non era la prima volta che accadeva, da una ragazza, Angelina Mango.

Per indicare la lunga strada da percorrere, è importante sottolineare i passi in avanti di una società che è già cambiata. Soprattutto nella percezione generale di quanto sia naturale, e non solo giusta e obbligata, la via per arrivare a una “effettiva e piena parità”, come l’ha invocata il presidente della Repubblica.

La qual cosa, peraltro, giova anche ai maschi. Siamo sicuri che, se invece che Putin ci fosse stata una donna al comando della Russia, sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale a pezzi, come l’ha battezzata il Papa?

Ma tra donne e uomini la sfida è uguale per tutti. E la sfida si chiama parità “condivisa”. Insieme si deve e si può.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova