Se l’Europa sta a guardare nella partita del gas (e dei diritti) fra Russia e Stati Uniti

Può un gigante economico come l’Europa dipendere dagli umori di Putin per poter scaldare i propri abitanti da Varsavia a Lisbona, da Helsinki a La Valletta passando per Roma, Parigi, Berlino?

Forse solo adesso, quado risulta ben chiaro quanto il nostro continente sia in balìa dello scontro fra Russia e Stati Uniti sul nuovo gasdotto NordStream 2 (con la Germania, principale e diretta interessata, a sua volta alla mercé della pesante partita a scacchi di Mosca su Ucraina e Bielorussa), si può comprendere il senso dell’allarme politico che Mario Draghi aveva lanciato all’ultimo G20 in Italia: bisogna accelerare il processo europeo di unità politica e di difesa militare. Un allarme significativamente appena riproposto da Emmanuel Macron, alla guida del semestre Ue da ieri: “Europa potenza del futuro”, secondo l’auspicio del presidente francese, in piena sintonia col nostro Paese.

C’è, dunque, una decisiva ragione in più per capire che l’Europa non può essere solo Erasmus o frontiere aperte: la ragione delle fonti energetiche che determinano il nostro destino. Sia in termini di sviluppo industriale compatibile con l’ambiente, cioè col nostro modo di intendere la vita, la comunità e il territorio. Sia in rapporto ai diritti della persona e dei popoli. Principi e valori che non fanno dell’Europa una pura espressione geografica, ma una potenza capace di competere a ogni livello con Mosca e Washington, i 2 litiganti per interposta Ue. Con l’ombra sempre più incombente della Cina alle loro spalle.

Purtroppo, allo stato l’Ue è una potenza impotente. Al di là delle inevitabili “convergenze parallele” con la strategia della Nato, che tanto infastidisce la Russia, gelosa della propria egemonia che pretende di imporre nell’intera area geopolitica considerata alla stregua del cortile di casa. E con la pressione, oltretutto e neppure nascosta, del gas quale arma di ricatto nei confronti dei Paesi europei che richiedono il rispetto dei diritti e un approccio non bellicoso di Mosca verso le nazioni considerate di sua esclusiva influenza.

La vera sfida dell’Europa, allora, non è come fare dell’unione dei suoi 27 membri una forza compatta e tranquilla. La sfida è comprendere che non c’è alternativa al rischio che l’Europa sta correndo ritirandosi dal mondo. Ininfluente e pure infreddolita, perché la mancanza di visione e di coraggio costerà sempre più cara, a noi europei.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi