Se Jannik Sinner non ama i “social”

Il punto della partita Jannik Sinner lo strappa prima con un dritto imparabile (“non mi piacciono i social, non è lì la verità”, picchia duro) poi con un rovescio letale per chi lo riceve (leggi Amadeus): “Farò il tifo per Sanremo da casa”.

Dunque, niente partecipazione al festival della canzone italiana, come gli era stato richiesto dal populismo televisivo variamente rappresentato.

Non ci andrà, il fresco vincitore dello Slam australiano, non per il fatto che non sappia cantare né ballare, come pur aveva precisato. Semplicemente, perché lui deve lavorare, cioè allenarsi, e prima il dovere, poi il piacere.

Così si diceva un tempo lontano, quel tempo che questo fuoriclasse oggi reinterpreta con l’educazione e la normalità di un ragazzo che vive come gioca: coi piedi ben piantati per terra.

Durante la prima conferenza-stampa in Italia dopo il trionfo a Melbourne, il campione dai capelli rossi e nuovo idolo sportivo dall’alto del suo talento, ma soprattutto degli appena 22 anni, lancia un messaggio quasi tenero a tutti i ragazzi: “State attenti, i social ti fanno vedere altro. Magari sto male, piango, ma posto sui social una foto felice”.

Jannik stronca l’inconsistenza dei social con un esempio tanto elementare quanto incisivo: se sto male, non posso far finta di star bene.

Nell’eterna Italia di guelfi e ghibellini, non mancherà chi dirà che di là c’è il partito della Ferragni e di qua la partita di Sinner. Il mondo effimero dei “mi piace” contro quello che non ama vivere “influenzato” dal vago, dal vuoto e dal vano.

Punti di vista, certo. Ma l’Italia che plaude alle parole di Sinner, finalmente trova una voce famosa e non fumosa, e ben lontana da qualsivoglia politica, in cui riconoscersi: non si vive di solo social.

Con la stessa franchezza il buon Jannik annuncia che diserterà l’evento canoro in mondovisione, per il quale sportivi, artisti, poeti, santi e navigatori farebbero carte false per esserci.

Il campione spiega poi che è contento di stare a Montecarlo per affrontare i tennisti del suo livello (quasi tutti s’allenano lì), cioè per ragioni sportive e non solo economiche. Così rispondendo a chi gli rimprovera, a volte con irritazione e incredulità, più spesso solo per amor di polemica, di non avere la residenza fiscale in Italia.

Ma obiettare è facile: è proprio la legge italiana che, a determinate e verificabili condizioni, questo consente. Fermo restando che, dovunque lui risieda, l’Italia ricava comunque un grande beneficio anche economico, diretto e indiretto, dell’effetto-Sinner. Tant’è che il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, lo ha appena nominato “ambasciatore della diplomazia e dello sport”.

Oggi con tutta la squadra azzurra del tennis che ha riportato la Coppa Davis in Italia dopo 47 anni, Jannik Sinner sarà ricevuto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al Quirinale. Campioni del mondo.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova