Se il caso di Lady Meng, la potente “principessa” cinese delle telecomunicazioni, fa tremare le Borse

Sembrava che a tavola, il posto migliore per i grandi accordi, Donald Trump e Xi Jinping avessero firmato una tregua di novanta giorni nella guerra dei dazi in corso fra Stati Uniti e Cina. Ma la cena per il tredicesimo G20 che si è concluso sabato scorso a Buenos Aires in Argentina, sta facendo ballare il tango al mondo intero. Perché, a scapito dell’intesa e dei sorrisi trovati in nome della diplomazia commerciale, proprio nelle stesse ore Meng Wanzhou, la donna più potente delle telecomunicazioni, direttrice finanziaria e figlia del fondatore del colosso cinese Huawei, veniva arrestata in Canada su richiesta Usa. Che ne hanno sollecitato pure l’estradizione.

Secondo l’accusa, la quarantunenne Lady Meng, candidata naturale a prendere le redini dell’impero del padre, Ren Zhengfei, avrebbe violato l’embargo nordamericano nei confronti dell’Iran, fornendo prodotti di tecnologia statunitense. “Nessuna legge americana o canadese è stata violata, questo caso è una seria violazione dei diritti umani”, nega e protesta l’ambasciata cinese a Ottawa, chiedendo l’immediato rilascio della sua illustre cittadina.

Ma l’arresto eccellente manda intanto e subito in tilt i mercati internazionali. Affondano le Borse asiatiche ed europee, male Wall Street, persino il differenziale tra Btp italiani e Bund tedeschi chiude in rialzo (296 punti base rispetto ai 278 del giorno precedente).

Il celebre effetto farfalla si fa sentire ovunque: basta il battito della notizia, tenuta in gran segreto per cinque giorni, perché l’universo dell’economia e della finanza ne risenta pesantemente. Così come l’universo politico. Da tempo il gigante cinese della telecomunicazione è nel mirino delle autorità degli Stati Uniti, preoccupate per la propria sicurezza nazionale. Sospettano possibili spionaggi a beneficio di Pechino. Tanto, che Washington ha promosso una campagna per indurre i Paesi alleati, inclusa l’Italia, a fare a meno dei sistemi “made in China” in questo strategico settore. Sospetti, peraltro, che l’azienda di Lady Meng -che si fa chiamare anche Sabrina Meng, usa il cognome materno ed è conosciuta come “la principessa” del gruppo-, ha sempre respinto: la sua -dice- è un’impresa privata. Tuttavia, a nessuno può sfuggire l’importanza di tale impresa per le aspirazioni cinesi di comando nel campo delle reti e della telefonia.

Ora anche i mercati confermano: nel mondo globale la Cina è vicina.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi