Quando un giorno, e non lontano, si studierà a scuola la nascita dell’Europa una e indivisibile -perché avverrà-, tra i padri della nostra seconda Patria bisognerà annoverare Vladimir Putin e Donald Trump.
Grazie a loro e contro di loro si sta diffondendo una nuova coscienza dell’essere europei che non solo non è in contrasto con l’essere italiani o tedeschi, francesi o spagnoli o polacchi, ma completa nell’unità le nostre belle e non negoziabili diversità.
Succede ai piani alti della politica. Col suo progetto da 800 miliardi per la difesa del Vecchio Continente, che sarebbe meglio chiamare Antico Continente posto che non più “vecchio” esso finalmente appare, col suo progetto, si diceva, per scoraggiare Putin dal fare con uno dei 27 Paesi dell’Ue quel che sta facendo da tre anni con l’Ucraina, Ursula von der Leyen sta cancellando l’immagine dell’algida burocrate di Bruxelles non eletta da nessuno che era in lei, per trasformarsi in una appassionata leader europeista che non si fa né ci fa mettere i piedi in testa da nessuno. Anche se il capolavoro incompreso, ma non incompiuto di Ursula, è l’aver affidato al nostro Mario Draghi il compito di preparare la ricetta per fare gli europei, già fatta l’Europa. Un rapporto di 400 pagine contro il declino e per il rilancio politico ed economico dell’Unione: questo ha scritto e firmato Draghi. Ed è proprio la base anche dell’importante iniziativa del piano-Ursula approvato dall’Eurocamera per impedire che il continente della civiltà e dei diritti, del benessere e della pace torni indietro di due guerre mondiali, quand’era una pura e semplice espressione geografica da mappamondo, peraltro pieno di colori, destinato alle scrivanie.
Ma europeisti inconsapevoli stanno diventando persino i sovranisti, che pure hanno ottenuto valanghe di consensi all’insegna dello sparare alla Croce Rossa, ovvero di elencare tutte le numerose cose e volte che l’Ue ci fa ridere. Tipo i regolamenti sulla curvatura dei cetrioli (mi raccomando: minimo 10 cm l’ampiezza dell’arco). Oppure le volte che l’Ue ci fa piangere, come nell’indifferenza a lungo testimoniata per il fenomeno dell’immigrazione nel Mediterraneo. Ma anche su questo versante da tempo la nostra Ursula sta trasmettendo ai suoi colleghi del chi-se-ne-importa un ben diverso atteggiamento.
Però si parlava dei sovranisti: e chi meglio dell’anti-tutto Marine Le Pen per rappresentarli?
Ebbene: la Marine di Francia, che non è ostile a Putin a differenza della grande maggioranza degli europei, è rimasta patriotticamente disgustata dal trattamento che Trump ha inflitto al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nel corso del celebre e indegno faccia a faccia alla Casa Bianca.
Dunque, persino da quelle sovraniste parti l’orgoglio europeo, che significa stare sempre dalla parte delle vittime e mai dei carnefici, è stato solleticato. Vuol dire che c’è orgoglio addirittura in chi lo nega e lo respinge. Vuol dire che secoli di storia non sono passati invano nelle vene di europei a loro insaputa.
D’altra parte, che l’Europa si stia consolidando in nome della difesa e mai dell’attacco, come insegnano 80 anni di pace, lo conferma un altro nemico affrontato e vinto: il Covid. Contro la pandemia nel 2020 l’Ue stanziò 750 miliardi per il piano Prossima Generazione e un pacchetto globale per la ripresa a lungo termine da ben 2.364,3 miliardi di euro. Della serie: il male non ci spaventa, ci fortifica.
Infine l’energia, cioè la parte costruttiva del nostro futuro. Altro piano da poco presentato per rendere l’Europa indipendente e costruire un domani compatibile fra salvaguardare dell’ambiente ed esigenze industriali.
Ultimo, ma non per ultimo il progetto già pronto dei contro-dazi (riecco l’Europa che si difende) per contrastare il neo-protezionismo annunciato da Trump a tutto danno dei prodotti europei.
Dunque, gli italiani avevano visto giusto quando, il 18 giugno 1989, votarono sì all’Europa (88,03%) nel primo e finora unico referendum consultivo nella storia della Repubblica, promosso in concomitanza con la prima elezione del Parlamento europeo.
Parafrasando Benedetto Croce, perché non possiamo non dirci “europei”. Ma prima del filosofo napoletano un certo Giuseppe Mazzini aveva capito quanto l’Europa fosse il naturale e sentimentale prolungamento dell’Italia.
Grazie a Putin e a Trump quella straordinaria intuizione di uno dei quattro padri con Garibaldi, Cavour e Vittorio Emanuele II del Risorgimento e della Patria, sta diventando realtà dei nostri giorni e di quelli che verranno.
Pubblicato sul quotidiano Alto Adige