Perché serve già adesso un piano italiano per ricostruire l’Ucraina

Per ricostruire l’Ucraina, bisogna pensarci, organizzarsi e investire già adesso. Anche se nessuno può oggi prevedere quando la pace arriverà. Anche se la guerra-lampo immaginata dall’aggressore Putin, ormai va verso gli undici mesi di drammatica durata. Anche se chi sarà chiamato ad accompagnare la rinascita, troverà soprattutto macerie.

Ma ogni piano che si rispetti, cominciando dal celebre piano-Marshall promosso dagli Stati Uniti per la ripresa europea dopo il disastro della seconda guerra mondiale, richiede tempi lunghi e alleanze strategiche: il coordinamento fra le autorità di Kiev che sollecitano gli occidentali a intervenire e i soggetti coinvolti in un’opera che purtroppo si preannuncia colossale, perché proporzionale alle quotidiane e immense distruzioni di tutto -edifici, rete elettrica, infrastrutture- da parte di Mosca.

Se vincere la pace è sempre più importante che vincere la guerra, l’ingente aiuto di cui l’Ucraina avrà bisogno per anni sarà più rilevante dell’attuale reazione concordata -la resistenza eroica della popolazione e il sostegno economico e d’armi occidentale- per non soccombere.

Per distruggere basta una bomba, per ricostruire occorrono progetti, risorse e fatica. Ecco perché ogni guerra è davvero il male assoluto.

L’Italia, che al pari di altre nazioni ha già inviato ministri e imprenditori in delegazione a Kiev su caldo invito di Zelensky, può fare molto per almeno tre ragioni. La prima è geopolitica: il rigore e la lealtà con cui s’è schierata dalla parte giusta, quella degli aggrediti, in perfetta coerenza di comportamenti tra il governo-Draghi e il governo-Meloni. La seconda ragione è economica. Già prima del conflitto, l’Italia era il terzo Stato in Europa per interscambio con l’Ucraina. Un migliaio di imprese esportavano in quel Paese e possono diventare il ponte della ripartenza.

Infine, c’è la ragione della qualità e dell’intraprendenza. Col nostro “made in Italy” e con la proverbiale capacità italiana nel saper fare le cose, saremo considerati e messi in prima fila per l’aiuto richiesto.

E poi cominciare a elaborare un piano per Kiev già adesso, mentre persino la sua capitale è colpita dai missili, diventa anche una risposta politica e morale: tutto quello che Putin sta distruggendo, noi stiamo già pensando a come ricostruirlo. D’intesa e a beneficio della “martoriata Ucraina”, come la chiama Papa Francesco nei suoi accorati appelli.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi