Nuovo Papa, che vuol dire la prima fumata nera

Nessuna sorpresa, se non il ritardo: prima fumata nera sul cielo azzurro di Roma. Ma nero, il colore salito dal comignolo montato sulla Cappella Sistina per segnalare il nulla di fatto nell’elezione d’esordio del 267° pontefice della Chiesa cattolica da parte del conclave, non significa per forza disaccordo tra i cardinali sul loro confratello da nominare sul trono di Pietro al posto di Francesco.

Significa, come suggerisce la storia dei conclavi degli ultimi sessant’anni, che ci vorranno almeno un paio di giorni e forse più per scoprire chi sarà il nuovo Papa.

Serve un po’ di tempo, e di pazienza per la piazza di San Pietro già gremita, per tastare e testare il o i nomi delle personalità più capaci di raccogliere i due terzi dei consensi, cioè moltissimo, com’è stabilito per sancire la massima unità possibile all’insegna dello Spirito Santo. Che i porporati considerano la divina e decisiva ispirazione per la loro scelta e la fumata bianca che l’annuncerà.

Bisogna poi considerare che il conclave, che opera all’ombra del meraviglioso Giudizio universale di Michelangelo, ma in clausura e nel rigoroso segreto delle sue decisioni, è senza precedenti per numero di partecipanti -ben 133-, e per provenienza dei medesimi: 71 Paesi di tutti i cinque continenti.

Poiché si sta scegliendo l’uomo che dovrà condurre la Chiesa nei prossimi anni tra un miliardo e mezzo di credenti e in un mondo sottosopra, è inevitabile che l’intesa necessaria tra così tanti e così diversi maturi solo strada facendo.

Intesa, peraltro, non vuol dire che i cardinali nasconderanno le loro differenze nel giudizio -pure esso universale-, sui 12 anni del papato di Francesco. Che non sono certo passati senza lasciar traccia nella Chiesa e nella curia in Vaticano. C’è chi li benedice, chi non li rimpiange e chi, forse la maggioranza, vorrebbe ora aggiornarli con equilibrio: continuare quel cammino, ma con nuovi e più condivisi accorgimenti. Un Papa ancora evocatore di pace, misericordia e vicinanza agli ultimi come Francesco, ma meno solitario di lui nella guida della Chiesa.

Ricerca dell’intesa neppure significa che i porporati sorvoleranno sulle loro diversità su come l’antica fede in Cristo debba oggi essere vissuta e trasmessa in un mondo sempre più secolarizzato per una parte, e di fondamentalismi crescenti per un’altra.

Dunque, anche nel conclave esistono posizioni conservatrici oppure riformatrici e divergenze sul futuro della grande tradizione religiosa.

Che è uguale in tutto l’universo, eppur si distingue per storia, geografia, sensibilità delle comunità di fedeli e del loro pastore chiamati a interpretarla: questo il conclave testimonia.

L’intesa, perciò, sul nome in costruzione sarà come un mosaico delle differenze, non all’insegna di un’unità di facciata. Sarebbe poco comprensibile dopo un Papa carismatico come Francesco.

Tra i cardinali qualcuno ha già detto che il nuovo pontefice dovrà essere una sintesi degli ultimi tre: Wojtyla, Ratzinger e Bergoglio.

L’auspicio non poteva essere migliore, per spiegare l’unità nella diversità della Chiesa bimillenaria.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova