Manovra, il compromesso del rinvio sulla battaglia all’ultima tassa

Tanto tuonò ma, almeno per ora, non piove. La battaglia all’ultima tassa tra Matteo Renzi l’abolizionista e gli alleati del governo chiamati a una manovra da 32 miliardi, s’è conclusa a tarda ora con il compromesso del rinvio: slitta a luglio l’imposta sulla plastica e a ottobre quella sullo zucchero. Ed era già in frenata la tassa sulle auto aziendali con un complicato meccanismo che distingue fra nuove immatricolazioni articolate in varie fasce secondo le emissioni.

“Nessuno dica più che siamo il governo delle tasse”, dice Giuseppe Conte, soddisfatto d’aver “sterilizzato” anche l’aumento dell’Iva, ma soprattutto il volume delle polemiche all’interno della maggioranza salito pericolosamente di decibel. “Nel 2020 cancelleremo le tasse sulla plastica e sullo zucchero”, annuncia Renzi per attestarsi il merito del difficile accordo e per rintuzzare l’obiezione già arrivata da Matteo Salvini e dall’opposizione: rinviare le tasse alle stagioni estive e autunnali del prossimo anno, non significa averle eliminate.

Ma i due principali componenti dell’esecutivo giallorosso preferiscono puntare sui 65 milioni in arrivo per i Vigili del fuoco (Cinquestelle) e sull’investimento nel futuro del Paese (Pd), rivendicando di “rimettere i soldi nella tasche degli italiani”, come dice il leader Nicola Zingaretti.

Al di là del giudizio contrapposto delle parti politiche su una finanziaria che in buona sostanza ricalca il tradizionale approccio delle manovre con luci e ombre -non quella legge di bilancio “di svolta” che era lecito attendersi nell’interesse dell’Italia-, molto resta da fare sull’eterna e irrisolta questione dell’evasione fiscale.

Tutti i governi promettono lotte senza quartiere per scovare il tesoro inespugnabile (dai 190 ai 107 miliardi all’anno, a seconda delle fonti e delle stime) che comprime l’economia e deprime i contribuenti. Se tutti pagassero le tasse, tutti pagherebbero meno tasse: individuare e punire gli evasori per far valere un principio di equità e trovare nuove risorse per la crescita.

Ma non bastano i buoni propositi per far emergere l’illecito che mina il sistema. Bisogna investire soldi e mezzi nelle istituzioni preposte. E poi formare una classe di tributaristi capaci di analizzare statistica e informatica. Altrimenti tutto si riduce alla controversa riduzione dell’uso dei contanti con esiti modesti nella scoperta dei delinquenti.

Contro l’evasione idee vincenti e volontà politica. Non parole.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi