Era il primo impegno planetario e vincolante per far fronte ai cambiamenti climatici. Eppure, nonostante sia stato sottoscritto da 190 Paesi appena sei anni fa, l’accordo di Parigi, più tutte le successive promesse rinnovate di G20 in G20, cioè negli incontri fra i rappresentanti delle nazioni in teoria più consapevoli del pericolo e in pratica più capaci di affrontarlo per potenza industriale e ricerca scientifica, “rischiamo conseguenze catastrofiche”.
Così ha denunciato Mario Draghi in un allarmato videomessaggio inviato all’ennesimo Forum delle maggiori economie sull’energia e il clima promosso dal presidente Usa, Joe Biden. Dove tutti conoscono perfettamente la realtà degli incendi che devastano boschi e foreste, dei ghiacciai che si sciolgono, delle piogge, torrenti, uragani che colpiscono a sorpresa e nelle stagioni impreviste Paesi ricchi e, con effetti ancor più gravi, poveri. Perché l’incuria dell’uomo e l’impotenza della politica questo risultato hanno prodotto negli ultimi cinquant’anni: l’impossibilità di contenere il riscaldamento globale. La tradita promessa universale di poter contare su “riduzioni immediate, rapide e significative delle emissioni”, come ricorda Draghi.
L’allarme rosso sullo scenario di un disastroso futuro che è già nel presente, conferma l’importanza di quello sviluppo sostenibile su cui l’Europa ha puntato anche per l’Italia con i fondi per la ripresa legati proprio alla nostra capacità innovativa.
Del resto, se non ora, quando osare, visto che già si prospetta il forte aumento delle bollette per i cittadini e per le imprese? Energia e clima, fonti rinnovabili e ambizione di cambiare l’Italia non per un’elezione, ma per i prossimi decenni: tutto si tiene, se i governi e la politica sapranno far valere una visione di “ripresa e resilienza” ben oltre il piano nazionale per la ripartenza.
Ma occhio al meteo. Qualunque progetto di investimento per ridare vigore e velocità alla locomotiva Italia, dovrà tener conto degli impegni presi a Parigi e da tutti disattesi. Il ribaltone climatico che stiamo vivendo a ogni livello e latitudine dimostra che la materia non è più prerogativa per soli scienziati, convegni accademici o riunioni del G20: è nell’interesse dei cittadini e dei popoli lasciare ai figli un mondo, se non migliore, almeno col cambio naturale delle stagioni. Le rondini a primavera.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi