Ma il Parlamento non finirà mai in Rete (a proposito delle polemiche sulle previsioni di Davide Casaleggio)

Può darsi che prima o poi anche la vecchia convinzione di Sir Winston Churchill, il più celebre primo ministro della storia inglese, sarà superata dai fatti. Suonava più o meno così: “La democrazia è la peggior forma di governo, tolte tutte le altre”.

Era un paradossale, ma grandioso elogio del Parlamento, che in tutto l’Occidente costituisce il pilastro della volontà popolare. E che pur sottoposto allo spirito critico di ogni generazione chiamato a eleggerlo, ma anche a custodirlo, resiste da secoli. La nostra identità e la nostra Costituzione si alimentano dell’ideale parlamentare.

Per questo è scoppiata la bufera sulle sorprendenti previsioni di Davide Casaleggio, tra i maggiori teorici del web e della democrazia diretta. Secondo il fondatore della piattaforma Rousseau e punto di riferimento dei Cinque Stelle, tra qualche lustro potrebbe accadere che l’istituzione Parlamento così come l’abbiamo finora conosciuta, non sarà più necessaria. “Oggi -ha spiegato- grazie alla Rete e alle tecnologie esistono strumenti di partecipazione decisamente più democratici ed efficaci in termini di rappresentatività popolare di qualunque modello di governo novecentesco. Il superamento della democrazia rappresentativa è inevitabile”.

“E’ un attacco al Parlamento”, insorgono le opposizioni, dal Pd a Forza Italia, mentre Luigi Di Maio dice che, quando parlano di futuro, “di solito i Casaleggio ci prendono sempre”.

Come evolverà la civiltà della libertà nessun Churchill di oggi -e non se ne vedono in giro-, lo sa. Non lo sa chi evoca il rischio di autoritarismo nello scenario prospettato da Casaleggio. Non lo sa chi invece giura sulle sue doti da Sibilla Cumana del web.

Ma una cosa è certa. Per quanto la Rete saprà sempre più “democratizzarsi” ed estendersi nel mondo, mai sostituirà il luogo fisico del pubblico confronto in nome del popolo sovrano. Il web è solo un grande strumento di comunicazione. Anche per infondere, da Cuba alla Corea del Nord, quella voglia del “sacro luogo” di discussioni e di decisioni che cambiano la vita dei popoli e il volto delle nazioni.

Ma la Rete non è il Vangelo. Non vaccina contro la peste delle notizie false. Non assicura il giusto rapporto fra pubblico e privato. Non garantisce l’eguaglianza e il valore dell’“uno vale uno”. Quel dialogo fra le persone che, anche quando bisticciano, si guardano negli occhi.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi