L’Europa intervenga non a parole sugli sbarchi in Italia (lasciata sempre più sola)

Quando anche un uomo mite come Sergio Mattarella alza la voce, vuol dire che la misura è colma. “Così la situazione è ingestibile”, è il monito che il presidente della Repubblica ha rivolto all’insensibile Europa, mentre più di dodicimila sbarchi in Italia si sono già registrati nelle ultime quarantotto ore. Adesso il governo ha formalmente avvertito Bruxelles: se va avanti così, se il dolore del mondo continuerà a essere scaricato sulle spalle della sola Italia, chiuderemo i porti della Penisola alle navi straniere. Perché il paradosso dell’esodo è anche questo: che tutti i doverosi salvataggi di donne e uomini in mare, spinti dall’Africa verso l’Europa per fame e disperazione (ma soprattutto per l’opera criminale di trafficanti disposti a qualunque guadagno e qualsiasi violenza sulla povera gente imbarcata), finiscono sempre e solo qui, mai altrove. Come se sul Mediterraneo si affacciasse un solo Paese: l’Italia. E’ inaccettabile. Il fatto che diversi governi europei ora ripetano a turno che “Roma ha ragione”, non è motivo politico di consolazione. Non il riconoscimento del loro torto, ma la doverosa accoglienza e distribuzione dei migranti fra tutti i ventisette Paesi dell’Unione si deve ottenere. Un’accoglienza che invece è sempre più in balìa di una doppia solitudine. Quella dei territori locali pur pronti a tendere una mano ai bisognosi, ma che devono cavarsela da sé. Come se lo Stato e le sue istituzioni non fossero della partita.

Ma anche il municipio più generoso poco può fare se non è assistito, aiutato, coordinato dalle autorità competenti. L’isolamento finisce per compromettere ogni sforzo e per scoraggiare i cittadini disponibili.

La seconda solitudine è persino peggiore, perché si nutre dell’indifferenza e del cinismo altrui, rispecchiati da quest’Europa che lesina risorse e nega sostegno concreto alle migliaia di persone che ogni giorno si riversano sull’Italia. Se ogni limite ha una pazienza, come diceva Totò, il confine della nostra buona volontà è stato ampiamente superato. Il grande cuore italiano e la perizia di quanti si impegnano nel soccorso non sono più sufficienti per affrontare la tragedia degli sbarchi, che il buon tempo dell’estate aggraverà.

“Basta girare la testa dall’altra parte”, chiede il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, agli europei. Ma il tempo delle parole è finito. L’Europa deve agire, e noi pretendere con la massima fermezza che lo faccia.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi