L’efficienza è il primo requisito per sradicare la corruzione: il programma di Achille Serra

Achille Serra è il nuovo Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella Pubblica amministrazione. Nato a Roma, sessantasei anni, quarant’anni di carriera alle spalle raccontate nel libro “Poliziotto senza pistola”, Serra è stato prima questore e poi prefetto nelle principali città d’Italia, compresa la capitale, dov’è rimasto prefetto per quattro anni prima d’assumere l’attuale incarico. 

 

Che cosa può fare lei che non possano già fare un magistrato o un poliziotto?

“Guai se il compito mio fosse quello di sovrappormi alla magistratura o alla polizia. La nostra è un’attività di prevenzione e di studio. Naturalmente, se in una prima fase ci imbattiamo in un’investigazione, la facciamo e poi ne informiamo -obbligo di legge- l’autorità giudiziaria e la Corte dei Conti, se c’è anche un danno erariale. Prendiamo a esempio lo scandalo delle Università….”.

Prendiamolo…

“Il ministro Fabio Mussi mi ha chiesto di valutare la portata del fenomeno, al di là di questo o quell’episodio specifico su cui indaga il magistrato. Ma un magistrato di Lecce, per dirla a caso, non può sapere che cosa succede a Milano o a Torino. Noi invece arriveremo a precisare, spero molto presto, se il fenomeno sia ampio o circoscritto. E dall’indagine sul posto potremo pure dare delle indicazioni al ministro: quali paletti mettere per evitare che la cosa si ripeta in futuro. La prevenzione, appunto”.

Per la vicenda universitaria che cosa potrebbe venir fuori, in concreto?

“Come procedere per i test d’ammissione. Chi deve dare la busta, dove aprirla, quale controllo esercitare. Dove depositare i compiti e via dicendo. Dal tipo di indagine che faremo, potranno arrivare anche degli utili suggerimenti”.

In che modo il cittadino indignato può diventare un “militante della legalità”?

“Il mio primo obiettivo è di far conoscere l’ufficio alla gente. Perché gli italiani non sanno della nostra esistenza. E quelli che ne sanno, non hanno fiducia. Dunque, dobbiamo da una parte “presentarci” agli italiani. Dall’altra dimostrare con dei risultati di poter ambire al loro sostegno. La gente mi conosce, e io perciò cercherò di far valere la mia credibilità per trasmettere l’importanza di questo lavoro. Se è vero, com’è vero, che la Banca mondiale tre mesi fa, a seguito di un sondaggio, ha collocato il nostro Paese agli ultimi posti per la “percezione di corruzione”, noi dobbiamo non solo dare dei messaggi forti per invertire la tendenza, ma pure individuare la dimensione esatta di questa corruzione”.

E’ maggiore la “percezione” rispetto alla realtà: questo sta dicendo?

“Se io chiedo a un finlandese se pensa che il suo Paese sia corrotto, mi dirà di no. Se faccio la stessa domanda a qualunque italiano a proposito del proprio Paese, mi dirà di sì. Intendiamoci, la corruzione c’è ed è alta. Ma la percezione è sbagliata”.

La solita auto-denigrazione di cui gli italiani sono campioni…

“Ne scaturisce una conseguenza pesantissima per l’immagine e per l’economia. Perché se io sono un investitore francese, andrò a investire in Finlandia e non in Italia. A ciò s’aggiungono la mancanza della certezza della pena e i processi che durano dieci anni. Io intendo andare a vedere se nella pubblica amministrazione la macchina funzioni, per prevenire la corruzione. Ho parlato col ministro Linda Lanzillotta, che presiede la conferenza Stato-regioni, perché noi possiamo controllare solo la pubblica amministrazione. E gli enti locali non lo sono. Paradossalmente, noi non possiamo andare a vedere gli appalti”.

Capirai…

“E infatti gli appalti sono la base principale della corruzione. Se non possiamo guardare le procedure seguite nei comuni, nelle province, nelle regioni, perdiamo tre quarti dell’obiettivo. Ma ho trovato grande disponibilità sia nel ministro, sia nel presidente dei Comuni, Leonardo Domenici. E il 18 ottobre sarò ascoltato dalla Conferenza medesima”.

Prevarrà la gelosia del campanile o l’interesse nazionale?

“Io sono convinto che la cosa passerà, perché il nostro non è un controllo sugli enti locali. Questo non rientra nelle competenze che abbiamo. La nostra è una collaborazione a favore del sindaco o del presidente della provincia o della regione. Perché se scoppia uno scandalo, il primo a pagare è l’amministratore locale che non ne sa niente dell’appalto -poniamo-, sulle lampadine. Né può sapere tutto, il sindaco. Funzionari infedeli possono creare un bubbone tale che poi ti fa saltare tutto. E’ una collaborazione forte che si offre. E allo stesso tempo un’azione preventiva sugli appalti”.

Sui ministeri, invece, che si può fare?

“Ci muoveremo per capire quali meccanismi si possono modificare nell’ambito del controllo che ciascun dicastero dovrebbe avere. Così come esamineremo una serie di enti a partecipazione statale: lì sì che si può intervenire. E’ già successo, in passato, con l’Anas”.

Qual è il campo più “a rischio” di corruzione?

“Credo la sanità. Pure in questo settore sarà importante lavorare e dare delle indicazioni “preventive”.

Ha un’idea di quanto la corruzione possa negativamente incidere sul pil (prodotto interno lordo)?

“Ancora no. Mi sono seduto qui da pochi giorni e ho bisogno di organizzare l’ufficio in un certo modo proprio per poter agire bene. Tenga presente che questo è un ufficio “giovane” -tre anni di vita, appena- e che ha avuto una serie di vicissitudini. Il primo alto commissario è stato un magistrato di grande cultura che per motivi vari ha dovuto “inventarsi” la struttura, e l’ha fatta pure bella, e reclutare il personale (personale che è di altissimo livello: i cittadini devono saperlo. Il mio vice è un consigliere della Corte dei Conti, vi lavorano sei magistrati, un prefetto, quattro vice-prefetti, funzionari di prim’ordine di vari ministeri…). Poi è stata la volta di un prefetto, che per un problema tecnico -era già in pensione- ha avuto delle difficoltà. Adesso tocca a me rivedere l’impostazione dell’ufficio e farlo funzionare subito”.

L’anti-politica e il Grillo parlante quanto s’intrecciano col suo lavoro? Insomma, la “percezione dell’illecito” quanto fa salire l’incavolatura degli italiani?

“Si rapportano sicuramente. Quando si dice, ingiustamente, “la politica è corrotta”, s’intende dire che i politici lo siano. Io odio le generalizzazioni. Certamente ci sono i corrotti lì come in tutti settori della nostra vita. Ma il disagio dei cittadini deriva proprio dall’ingiusta generalizzazione. E porta alla conclusione di credere che “tutto il Paese sia corrotto”. Non è vero: io non sono corrotto, lei non è corrotto, tantissimi italiani non sono corrotti. Compito di quest’ufficio sarà di dare una giusta dimensione del fenomeno. Noi dobbiamo colpire la realtà senza farci confondere dalla percezione della “boutade” di questo o di quell’istrione, della persona che si mette a parlare in mezzo alla strada”.

Ma la corruzione da che cosa nasce, secondo lei, o che cosa la può malauguratamente favorire?

“Bisogna snellire le procedure della burocrazia, ecco una scelta fondamentale per contrastarla. Io sono stato prefetto a Palermo. In Sicilia -ma la cosa vale per chissà quante altre regioni-, sa quanti passaggi sono necessari per ottenere una licenza di costruzione, cioè qualcosa che ti spetta? Ventuno sportelli. Ma se l’interessato “trova” il funzionario a cui dare una busta, magari li supera tutti. Sto banalizzando, ma la questione è proprio questa: come far rispettare un diritto del cittadino, e senza che perda del tempo. Quand’ero prefetto di Roma, vedevo file di trecento metri di extracomunitari che chiedevano la sanatoria. Mi sono sempre domandato: chissà che quando uno volti la testa dall’altra parte, quello che sta in fondo, e che è arrivato alla testa della coda, si senta dire: “Torni domani”. E magari con una busta evita l’ingiustizia. Io spero che nel mio ufficio non sia mai accaduto, non metto le mani nel fuoco per nessuno, ma certamente quel tipo di procedura non va bene. Questa, a mio avviso, è la prima “causa”.

L’efficienza è il primo, robusto antidoto contro la corruzione?

“Esattamente”.

Mani pulite è stata una svolta o una cometa?

“E’ stata una grandissima svolta, ma è stata anche una cometa. Sono assolutamente convinto che oggi ci sia un perfezionamento rispetto ad allora, si è più prudenti. C’è una maggiore sofisticazione. Però illudersi che oggi la corruzione sia scomparsa, è follia”.

Perché nel Mezzogiorno la cultura, pardon, l’incultura dell’illecito trova terreno più fertile rispetto ad altre parti d’Italia?

“Intanto nel Mezzogiorno agiscono organizzazioni criminali che in altre regioni non ci sono. Camorra, ‘ndrangheta: queste organizzazioni danno un condizionamento a tutti i livelli. E quindi il rischio che condizionino anche certi amministratori locali, i quali a loro volta condizionano altre persone, c’è. Non è più compito mio combattere la mafia e altre criminalità. Però è compito mio segnalare al governo una mappa delle zone più a rischio. Cosa che mi accingo a fare non oltre un mese da oggi”.

Condannati con sentenza definitiva nella pubblica amministrazione non si muovono…

“…Non si muovono dai loro posti di lavoro: lo so, le anticipo le parole. Questa è un’altra indecenza e mi sono trovato d’accordo col presidente dell’Antimafia, Francesco Forgiane, che ho incontrato. Dobbiamo vedere la cosa anche per quanto riguarda gli enti locali. Dove magari cade il sindaco, salta la giunta ma restano i funzionari. E’ uno sconcio su cui, ritengo, al di là della Conferenza Stato-regioni, che noi si possa avere una competenza”.

Micro e macro-illegalità: è giusta la distinzione o il considerarle egualmente gravi, come le considerano i cittadini?

“Nella percezione della gente non c’è alcuna distinzione, è vero. Il cittadino “sente” che lo Stato sia insicuro e corrotto nel momento in cui sperimenta per esempio il meccanismo dello studente che dà la busta al professore per l’ammissione all’Università. Però nella sostanza questa differenza è importante. Perché la grande corruzione porta poi a danni economici rilevantissimi, e alla disparità di trattamento altrettanto rilevante, e che non possiamo sottovalutare”.

Come si fa la “tolleranza zero” in Italia?

“Con tutto il rispetto per chi ne parla, a me che ho fatto il poliziotto per quarant’anni vien da ridere, ogni volta che ne sento parlare. E’ uno scopiazzamento di quart’ordine della tolleranza zero inventata dall’allora sindaco di New York, Rudolph Giuliani. Vede, noi non possiamo estrapolare quello che ci piace e collocarlo in un ordinamento che lo respinge. Esempio che ho visto coi miei occhi: Manchester-Roma in Inghilterra. C’erano quattro balordi che, rivolti a noi italiani, ci gridavano di tutto, “ladri”, “mafiosi”. S’è avvicinato uno steward -ripeto: uno solo, non dieci-, e ha chiamato a sé uno degli urlatori muovendo semplicemente l’indice della mano. Quello s’è alzato, l’ha seguito ed è tornato dopo cinque minuti. Non ha più aperto bocca. Lei immagini la stessa scena in uno stadio qui da noi: lo steward finirebbe buttato in campo al posto del pallone. Lì, se manchi di rispetto, vieni portato subito davanti al magistrato che ti condanna a un giorno, a un mese o a un anno di carcere. E tu ti fai un giorno, un mese o un anno. Qui di fronte a tre sciagurati che hanno rischiato di trasformare in tragedia la farsa del bambino ucciso dalla polizia per cui si arrivò a sospendere Roma-Lazio, le cose andarono in questo modo: arrestati la domenica e liberati il lunedì”.

Non c’è partita, per restare al calcio…

“Giuliani aveva la possibilità di prendere un barbone per strada e dirgli: tre giorni di camera di sicurezza. E tre giorni erano. Da noi rischierebbe di cadere un governo di fronte a un’analoga decisione. Giuliani prendeva il ladro e, salvo il pagamento della cauzione, il ladro restava in galera. Qui dodici zingari trovati con venticinque quintali di rame e l’auto rubata, dopo tre ore erano già fuori. Noi non potremo mai avere una tolleranza zero: leviamocelo dalla testa”.

Per avvicinarci, almeno per avvicinarci, che cosa suggerisce?

“Di snellire le procedure. Sembra una cosa semplice, ma sarebbe una rivoluzione”.

Indichi un’iniziativa e annunci un impegno concreto: cambiare dove e come?

“Non ho dubbi: il campo della sanità. E’ il principale da esplorare. E noi, vedrà, ci metteremo il naso”.

Pubblicato il 30 settembre 2007 sulla Gazzetta di Parma