Le piccole, grandi manovre intorno al referendum costituzionale

Ma si vota sul quesito o si vota sul governo? E’ in ballo una scelta ingegnosa -ridurre i legislatori dagli attuali 945 a 600 per rendere il Parlamento più efficace e meno costoso- oppure un atto demagogico dal risparmio irrilevante con una troppo ridotta rappresentanza degli eletti alle Camere? E poi: la riforma sarà il primo scossone per cambiare, finalmente, o con le scosse non si è mai cambiato nulla?

Com’era prevedibile, a mano a mano che s’avvicina l’ora del referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, è tutto un fiorire di ripensamenti trasversali, di puntute prese di posizioni, di pensieri reconditi all’insegna della più generale incoerenza.

Il Pd, che in Parlamento aveva votato sempre contro la riforma paventandone i danni gravi, se non fosse stata accompagnata da altre riforme, cioè contrappesi, ha messo precipitosamente la marcia indietro al momento di formare il governo giallorosso col M5S. Ossia con l’unico partito che ha fatto delle forbici parlamentari la sua battaglia e la sua bandiera. Ma il Pd che si converte sulla via di Di Maio, e che oggi riafferma il suo “sì” al referendum per bocca del segretario, Nicola Zingaretti, deve nuotare in un mare di politici, costituzionalisti e intellettuali di sinistra schierati, invece, per il “no”.

A parti invertite, il gioco non cambia. La Lega, che in epoca del “suo” governo gialloverde aveva seguito con entusiasmo la via del taglio pentastellato, ora è tentata dal realismo. Espresso senza giri di parole dall’ex sottosegretario, Giancarlo Giorgetti: “Sarebbe un favore a un governo in difficoltà, al referendum voterò no convintamente”.

Anche Giorgia Meloni, che ha sempre appoggiato la riforma, ha detto che voterà sì, ma lasciando libertà di scelta ai suoi elettori. Senza nascondere -proprio come Giorgetti e in parte Salvini- che non sarebbe per nulla amareggiata se vincesse il no. Tant’è, che fra i partiti del centrodestra gira la battuta: votano sì, ma sperano che vinca il no.

Quanto peseranno, dunque, queste grandi manovre in tutte le forze politiche su un’opinione pubblica alle prese con ben altri problemi e chiamata a decidere, il 20 e 21 settembre, su un quesito per una volta chiaro e preciso? “Riduzione sul numero dei parlamentari”, è la testuale materia del contendere. Quanto conteranno, alla fine, le riflessioni delle due parti in campo, tutte degne di grande attenzione in un referendum che finora sembra scaldare ben poco gli italiani?

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi