Quella tassa invisibile e crudele chiamata inflazione

E’ una tassa invisibile, e forse per questo nessun partito ne chiede il taglio. Eppure, colpisce tutti, e colpendo tutti danneggia soprattutto i più deboli. Si chiama “inflazione” e nel solo mese di ottobre, secondo l’Istat, ha registrato un aumento del 3,5 per cento su base mensile e dell’11,9 su base annuale. Non accadeva da 40 anni, e tanto basta per far suonare l’allarme rosso al nuovo governo, chiamato non soltanto ad affrontare con energia il caro-energia, ma anche ad intervenire subito con misure capaci di fermare la corsa dei prezzi e di quanto occorra, oggi, ai cittadini nella vita quotidiana. Di quanto occorra persino per costruirsi un futuro, come capita ai giovani e alle coppie alle prese con mutui e prestiti più alti. Fare la spesa o chiedere soldi in banca, la verdura o il sogno di una casa: tutto è diventato più costoso e perciò difficile.

Ma c’è poco da consolarsi nell’attribuire la colpa della tassa sommersa all’aumento dei beni energetici causato da una guerra sciagurata. Perché la tendenza trascina con sé anche i beni alimentari. Vuol dire un carrello della spesa più leggero, e allo stesso tempo una compressione nel risparmio degli italiani, che rappresenta da sempre, assieme alla proprietà di una casa, il baluardo dell’economia familiare.

Le associazioni di categoria calcolano che una famiglia media dovrà spendere più di 4 mila euro in un anno sull’onda degli aumenti generalizzati e indiscriminati. Come pure dei guadagni della speculazione, che nelle crisi trova il suo varco ideale per farsi avanti: ecco perché l’azione del governo, anche di vigilanza, è fondamentale per affrontare la stangata già in pieno vigore, con il balzo dei generi di prima necessità.

La diminuzione del potere d’acquisto è, dunque, un’emergenza conclamata, e non basta la reazione da riflesso condizionato -il tirare la cinghia dei singoli e della società nel complesso- per venirne a capo. Maggioranza e opposizioni, imprenditori e sindacati, istituzioni preposte ed economisti sono tutti tenuti a un grande sforzo di responsabilità nazionale. Perché la tassa che non si vede, in realtà si sente, e fa malissimo. E poi alimenta il disagio sociale, la protesta di chi non ce la fa.

Un’Italia impoverita, un’economia sottoposta al tarlo dell’inflazione, in sostanza meno redditi per tutti significa vanificare le risorse e l’impegno destinati alla ripresa e al rilancio.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi