La vera posta in gioco dello scontro sulla Diciotti? Mettere Bruxelles con le spalle al muro

Il braccio di ferro di Matteo Salvini sulla Diciotti, la nave ancorata a Catania con 150 migranti a bordo, è ormai diventato uno scontro istituzionale, oltre che una polemica politica sulla pelle della povera gente che attende soltanto di sapere se potrà sbarcare oppure no in Italia. Contro il ministro dell’Interno, che rivendica il principio di non autorizzare l’ingresso sul territorio nazionale a chi non ha le carte in regola (ma spesso neppure le carte, tanto è disperata la situazione dalla quale si fugge), si sono schierati il presidente della Camera, Fico, magistrati che hanno aperto ben tre inchieste, l’Agenzia per i rifugiati dell’Onu. E la lista s’allunga col passare delle ore.

Ma in questa vicenda che sarebbe facile da risolvere, tanto piccolo è il numero degli immigrati soccorsi al largo delle coste maltesi e tanto grande è la comprovata e straordinaria umanità degli italiani per chi soffre, Salvini ha dalla sua almeno due circostanze. La prima è che lui sa che, quanto più veemente è la riprovazione istituzionale per un diniego che appare oltraggioso, tanto maggiore è, all’opposto, il consenso dei cittadini. I quali non ce l’hanno, com’è ovvio, con poveri innocenti che invocano solamente aiuto, e aiuto sarà un dovere accordare. “La gente” ce l’ha, invece, con una strategia politica a lungo imperversata, e che non è più disposta a tollerare: l’idea che l’Italia debba farsi carico del dolore del mondo “in solitaria”.

In questo il ministro dell’Interno è paradossalmente confortato, persino in queste ore, dalla seconda circostanza: l’indifferenza dell’Europa. Con l’unica eccezione francese in una recente e analoga situazione, nessuna nazione ha preso un solo migrante fra i ben pochi, oltretutto, che s’era impegnata ad accogliere. “Se l’Unione europea non accetta i migranti, l’Italia non pagherà più i contributi di venti miliardi”, ammonisce il vicepresidente, Luigi Di Maio, alla vigilia del vertice tecnico previsto a Bruxelles. E aggiunge, a scanso di equivoci sulla posizione del governo: “Serve la linea dura”.

La posta in gioco non è, dunque, l’assistenza ai migranti in attesa, accompagnata dallo scontro casalingo pro o contro Salvini. E poi la dedizione delle autorità preposte al caso è totale e alla luce del sole. Il punto vero e grave è l’ignavia europea su una tragedia che i governi di Roma denunciano da anni. Ma di cui nessuno -è questa la vergognosa verità-, vuole farsi carico. Neppure dopo essersi impegnato a farlo.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi