La strage negli Stati Uniti e le armi in casa: polemiche e novità sulla legittima difesa

Secondo episodio di violenza, negli Stati Uniti, a pochi giorni dalle elezioni di medio termine per il Congresso, e di nuovo rimbomba l’interrogativo delle polemiche: ma quanto contribuisce alle ricorrenti sparatorie in America (ieri altri dieci innocenti sono stati ammazzati in una sinagoga a Pittsburgh in Pennsylvania) la facilità con la quale i cittadini possono armarsi?

Oltreoceano sempre più spesso si scopre che il delirio criminale è frutto di “ordinary people”, gente comune che apre il fuoco contro luoghi di preghiera, scuole, centri commerciali o qualsiasi cosa, persona, simbolo venga percepito come “nemico”. L’ira e l’odio riassunti in un colpo di pistola o in una scarica di fucile, come testimoniano le ripetute stragi che hanno colpito inermi.

Mentre il presidente Donald Trump chiede, per reagire al sabato di sangue e all’antisemitismo, di rafforzare le leggi sulla pena di morte, la catena dei drammatici eventi negli Usa può diventare un monito anche in Italia, ora che il Senato ha da poco approvato una nuovo testo sulla legittima difesa, e che si discute su come affrontare le violenze dentro le nostre case e nei luoghi pubblici.

Ogni proposta è benvenuta, fuorché una: la pazza idea che, armandoci tutti fino ai denti, riusciremmo a meglio difenderci dai delinquenti che attentano alla nostra libertà personale, familiare o domiciliare. L’inviolabilità dev’essere protetta solamente dallo Stato con le sue forze di polizia. Poiché, però, è impossibile avere un carabiniere per abitazione, il legislatore sta giustamente cercando -e a maggioranza molto ampia, almeno sul principio- di rovesciare il vecchio e ideologico assunto per cui chi entra in casa tua per rubare, picchiare, sequestrare e a volte finisce persino per ammazzare, diventa poi lui “la vittima”, se è ferito o ucciso da chi ha esercitato una legittima difesa.

Il Senato ha aumentato le pene e introdotto la novità di escludere la punibilità per chi reagisce “in condizioni di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto”. Così come di prevedere che sarà lo Stato a pagare le spese processuali della vittima della violenza in casa, quando finirà in tribunale perché si accerti se la sua reazione è stata proporzionata alla grave offesa subìta.

Più diritti al cittadino innocente e più doveri per lo Stato a tutela: ecco come si rafforza la sicurezza del buonsenso senza finire nel Far West.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi