La sorprendente (e misteriosa) marcia su Mosca

La marcia su Mosca s’è interrotta a 200 km dal traguardo, il possibile colpo di Stato è svanito prima ancora di essere tentato e nella temuta guerra civile non s’è sparato neppure un colpo di pistola.

Il giorno dopo, risultano chiari almeno i fatti di una resa dei conti tutta russa all’insegna di minacce e grandi misteri.

Sorprendente messinscena che ha fatto tremare il mondo per le sue imprevedibili conseguenze? Oppure la rivolta di Prigozhin, l’ormai celebre capo della Wagner, è stato il primo segnale di crisi del regime di Putin, l’aggressore che da un anno e quattro mesi s’è impantanato in Ucraina in una guerra nefasta per la ricca oligarchia della Russia e dei suoi uomini d’affari, dolorosa per troppe famiglie di giovani caduti e negativa per le ripercussioni su un’economia sempre più isolata dall’Occidente?

Né il destino di Prigozhin (fuggito o esiliato con un accordo in Bielorussia? Comunque a lungo scomparso dai radar) o i 43 milioni di euro trovati in contanti “per pagare i miliziani” in un suo ufficio-rifugio di San Pietroburgo, aiutano a decifrare l’enigma moscovita.

Tuttavia, quanto accaduto offre una certezza: Putin ne esce indebolito, se è stato costretto, come pare, a scendere a patti col “traditore da punire”, come pur diceva del ribelle in tv prima di sparire a sua volta.

E poi nelle ore della rivolta non un solo soldato dell’esercito regolare è intervenuto contro la compagnia di mercenari, che è partita per Mosca, al contrario, acclamata. Non un politico o militare del regime ha profferito parola, e il sindaco della capitale ha sospeso ogni attività di lavoro.

Troppi, dunque, sono rimasti alla finestra. Ma se questo approccio è corretto nel caso dell’Europa e dell’Italia (“non interveniamo e non interferiamo: è un problema interno alla Russia”, ha ripetuto il ministro degli Esteri, Tajani), l’atteggiamento è invece significativo nel Paese dello scontro: l’“uomo forte” Putin s’è rivelato un uomo solo. Zar delegittimato anche dalle dure accuse di Prigozhin ai vertici della Difesa e dalle contestate e perciò sconfessate ragioni dell’“operazione militare”.

L’altro effetto della sfida si ripercuote sull’esercito ucraino, che ora può provare a riprendersi i territori -i suoi territori- abbandonati dalla Wagner in marcia su Mosca. Per Kiev e per l’Ue liberare la Patria dall’invasore russo è il presupposto necessario per poter arrivare alla “pace giusta”.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi