La lezione di Sappada che dice addio al Veneto e l’insopportabile privilegio delle regioni “speciali”

Nel suo piccolo (meno di millecinquecento abitanti) il trasloco di Sappada non sposta niente. Con voto del Parlamento, il Comune bellunese è passato dal Veneto al Friuli-Venezia Giulia. Stessa nazione, stessa aerea geografica, stessi cittadini che cambieranno, semplicemente, anagrafe e amministrazione. Eppure, è un trasferimento senza precedenti, che può aprire un grottesco, ma anche pericoloso vaso di Pandora. Perché le ragioni prevalenti, se non uniche, dell’addio, non sono storiche, linguistiche o artistiche, cioè frutto di processi antichi, lunghi e complessi. Qui se ne sono andati perché il Friuli, a differenza del Veneto, è una regione a statuto speciale con maggiori poteri legislativi ed economici. Li ha spinti il desiderio o l’illusione di “stare meglio”. L’identico sogno da tempo accarezzato da Cortina d’Ampezzo, che vorrebbe trasferirsi in Alto Adige per fare le cose ancor più in grande. Dove nell’“autonoma” e ricca Provincia di Bolzano il livello delle tasse trattenute sul territorio arriva addirittura al novanta per cento. Come per l’altrettanto privilegiata Valle d’Aosta.

Ma se ogni Comune piemontese facesse come l’appena trasferita Sappada o come Cortina in lista d’attesa, se ogni municipio calabrese aspirasse a unirsi alla Sicilia o perfino alla lontana Sardegna pur di sfruttarne la loro “specialità” statutaria, l’Italia diventerebbe una corrida di egoismi. Tutti a caccia dell’Eldorado della porta accanto, tutti pronti a sbattere la porta di casa per bussare a quella del vicino col suo giardino che appare più bello e rigoglioso. Perché sempre ci sarà un’autonomia più autonoma di quella agognata. Lo rivela proprio il sindaco di Sappada, Piller Hofer. Non si è ancora spostato, ma già così commenta: “Se siamo contenti di diventare più ricchi? Calma, vediamo. Il Friuli è una cosa, l’Alto Adige un’altra”.

Incontentabili. A maggior ragione se si considera che la vera anomalia nell’ordinamento della Repubblica è l’anacronistica disparità di trattamento fra le cinque Regioni a statuto speciale e le altre quindici ordinarie che pedalano senza gli stessi vantaggi. Solo una ragionevole e concordata forma di autonomia responsabile, senza figli o figliastri, con diritti e doveri, può evitare le fughe alla Sappada. Non possono esserci cittadini più “speciali” di altri, settantun anni dopo la nascita della Repubblica uguale per tutti.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi