La guerra dell’Isis continua e l’Occidente sta a guardare

La guerra continua a due passi da casa. Adesso l’autoproclamatosi Stato islamico dell’Isis ha lanciato la sua offensiva di ferragosto: decine di vittime in Libia nelle aree residenziali della simbolica Sirte, città costiera e nevralgica del Paese, già luogo di nascita del dittatore Muammar Gheddafi. Le milizie fondamentaliste hanno colpito con l’artiglieria nelle stesse ore in cui gli italiani sono o si preparano alle vacanze. Loro, i terroristi, perseverano nell’orrore. Nel silenzio generale avevano da poco annunciato la decapitazione di un ostaggio croato, Tomislav Salopek, rapito il 22 luglio scorso in Egitto. E altri morti ammazzati “in contemporanea” si contano in Iraq, dopo l’esplosione di un’autobomba al mercato di Bagdad: una carneficina di povera gente. Si va di strage in strage, visto che anche in Siria non fa quasi notizia la barbarie senza fine, continuamente ma inutilmente denunciata al mondo da Papa Francesco. Né hanno finora prodotto risultati l’impegno e i piani di Barack Obama “a lunga durata” per fermare l’Isis, intanto aiutando con raid aerei chi combatte i terroristi sul campo. Manca una coerente e costante strategia dell’America, ormai col pensiero e i candidati rivolti alle presidenziali del 2016.

Ma divisi e incerti appaiono gli stessi alleati europei, il mondo arabo, la Russia, ciascun Paese anteponendo i propri interessi geo-politici ed economici alla visione d’insieme. E’ come se il resto dell’universo non avesse ancora compreso che cos’è l’Isis, nonostante i crimini compiuti e rivendicati via web, perché tutti debbono vedere e sentirsi minacciati. Eppure, i governi dei preoccupati cittadini, gente del mondo che mai avrebbe immaginato di poter assistere nel corso della vita a una simile violenza alle persone e alle cose, persino ai capolavori d’arte, non sembrano capire il momento drammatico. Forse credono che l’Isis sarà sconfitto col tempo. Forse calcolano che prima o poi avranno la meglio gli isolati combattenti che si battano sul territorio, perché non vogliono sperimentare sulla loro pelle il rischio di soccombere ai tagliagole. L’Occidente e le nazioni libere stanno, dunque, a guardare. Ma dalle finestre si vede la Libia che brucia, mentre ovunque non cessano i proclami jihadisti, le persecuzioni ai più deboli, il martirio dei cristiani e tutto quanto fa ormai parte della nostra consapevole informazione quotidiana. L’Italia e l’Europa devono concordare al più presto una strategia per prevenire in casa e contribuire a difendere nel mondo il diritto dei popoli a vivere in pace.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi