Il paradosso (e le differenze) di Khaled e Cecil: anche le nostre coscienze decapitate dai nuovi barbari

Hanno usato il bulldozer come un bazooka per radere al suolo il monastero di Mar Elian, uno dei centri cattolici più importanti della Siria: risaliva al V secolo d.C. Un altro sfregio dell’Isis al patrimonio storico-artistico dell’umanità. Un altro scempio che il sedicente Stato islamico ha prontamente filmato e fotografato per rivendicare la sua guerra totale al mondo libero. Sangue e simboli, nulla è lasciato al caso dai barbari del terzo millennio.

Eppure, quanto più alta diventa la sfida dell’orrore, tanto più s’acquieta la reazione delle coscienze. Come se ci fossimo tutti assuefatti alla violenza che sale di distruzione in distruzione, perfino di decapitazione in decapitazione. C’è un paradosso che fa rabbrividire, perché rivela quanto sia profondo il sonno da terrorismo. E’ il paradosso di Cecil, come non ricordare?

Cecil era il nome di quel bel leone dalla criniera nera, simbolo protetto dello Zimbabwe, che con proterva e stupida crudeltà un cacciatore americano ha prima ucciso e poi sgozzato, curandosi perfino di farsi fotografare col “trofeo”. Del dentista Walter James Palmer, reo confesso dell’atto, si sono subito perse le tracce. E’ stato costretto alla fuga, perché la gente s’è mobilitata fin sotto il suo studio per contestarlo, mentre lo Zimbabwe ne richiedeva l’estradizione. E il tam-tam dell’universo lo additava come un mostro. L’uomo è stato colpito dall’indignazione generale ovunque.

Qualche giorno fa un archeologo ottantaduenne di nome Khaled al Assad, per cinquant’anni custode delle rovine romane di Palmira in Siria, è stato anche lui ucciso e decapitato. Anche lui poi appeso a una colonna come un trofeo. E anche lui era un simbolo: il responsabile di un patrimonio tutelato dall’Unesco. Come per Cecil, pure di Khaled si conosce l’assassino, perché l’Isis decapita e se ne vanta. Ma per l’archeologo torturato da vivo e profanato da morto la rivolta del mondo non c’è stata. A parte l’omaggio delle istituzioni d’arte, nessuna folla sotto le finestre dei governi per invocare “giustizia per Khaled”. E poi: se il dentista americano è un mostro che ha ucciso un animale, come definire gli animali che hanno ucciso un essere umano? Il destino dell’archeologo non ha indignato la coscienza collettiva quanto la fine del leone Cecil. Coscienze selettive, annebbiate, a corrente alternata, le nostre. Anche il più elementare senso di umanità sembra anestetizzato dai nuovi barbari.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi