Il liberale Rutte ha vinto in Olanda, ma l’esito di quel voto si sentirà in Europa

Contrordine, populisti: l’Europa ancora c’è. E forse ricomincia dal profondo Nord, dopo che Mark Rutte, premier liberale, ha vinto le elezioni politiche in Olanda. Ma ha soprattutto frenato l’ascesa, che pareva inarrestabile, di Geert Wilders, leader del radicalismo contro un’Unione lontana dai cittadini e contro un Islam che li spaventa. E’ un risultato da prima Repubblica: ben tredici partiti entreranno nel nuovo Parlamento. E Wilders, detto il Trump dei Paesi Bassi anche per la sua chioma appariscente, è comunque arrivato -ma a distanza-, secondo. Tuttavia, il senso della vittoria europeista sta proprio qui, perché il premier premiato, certo, per l’economia, ha mostrato fermezza nei confronti della Turchia, impedendo ai suoi ministri di fare campagna elettorale a Rotterdam e dintorni (guadagnandosi subito del “nazista” dall’inviperito presidente turco Erdogan).

Nella sostanza, l’inflessibile e molto simbolica posizione di Rutte, che non voleva rischiare i prevedibili disordini in casa, agli occhi dell’elettorato ha avuto la meglio sugli insulti duri e puri che Wilders è solito riservare ad alcune comunità straniere nel Paese.

E’, questa, una ricetta interessante per prosciugare l’estremismo senza diventare estremisti. A differenza degli impauriti governi d’Europa, il liberale Rutte non ha fatto finta che il problema sollevato da Wilders in Olanda -o da Marine Le Pen in Francia- non esistesse, cioè la difficile convivenza con chi, non europeo, tende a rifiutare l’integrazione nel continente. Ma tale problema ha affrontato con la forza credibile dell’istituzione, non cavalcando paura e pregiudizio.

Alla vigilia dell’incontro dell’Unione a Roma, il 25 marzo, per festeggiare i sessant’anni, la scelta dell’olandese Mark può diventare un modello. Specie in vista del voto del 23 aprile in Francia, dove l’ipoteca-Le Pen con la sua popolarissima avversione agli eurocrati e all’immigrazione senza controllo avrà effetti ben oltre Parigi.

L’Olanda insegna che è il realismo l’antidoto del populismo: cercare di capire, e non di liquidare, le preoccupazioni di chi si sente indifeso e abbandonato, e perciò si rivolge a chi “interpreta” il malessere, promettendo muri e chiusure. Il liberale Rutte ha chiuso l’aeroporto in faccia a ministri-provocatori. Ma ha tenuto aperto ogni dialogo con la sua gente, olandese e straniera.

Dalla patria dei tulipani forse un fiore nuovo profuma per l’Europa.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi