Giovannino Guareschi, nostro padre e uomo libero. Parlano Carlotta e Alberto, i figli dello scrittore italiano fra i più tradotti nel mondo

Alberto e Carlotta Guareschi, nati rispettivamente a Milano, 67 anni, e a S. Lazzaro di Parma, 64 anni, hanno abbandonato da tempo la loro attività per dedicarsi, “in servizio permanente effettivo”, all’archivio del loro celebre padre e prolifico giornalista, disegnatore, scrittore e umorista: duecentomila documenti a disposizione di studenti e studiosi. Insieme Alberto e Carlotta hanno risposto anche alle nostre domande.  

Di Giovanni Guareschi (1908-1968), tra gli autori italiani più riscoperti in Italia e tradotti in quasi tutte le lingue all’estero, l’anno prossimo ricorrerà il centenario della nascita (a Fontanelle di Roccabianca). Don Camillo e Peppone sono tra i suoi personaggi più amati. Fu fondatore (con Giovanni Mosca) e direttore a lungo, dal ’45, del settimanale Candido.  

 

Si discute se la politica italiana sia in crisi o no. L’”uomo qualunque” Giovannino Guareschi, che aveva previsto al riguardo?

“Aveva previsto il nascere e lo svilupparsi dello statalismo contro l’iniziativa privata. La partitocrazia, caratterizzata da correnti piccole o grandi con l’allontanamento dai problemi degli italiani. E il prevalere degli interessi di questo o quel politico e dei suoi collaboratori. Tangentopoli anticipata su “Candido” con la ”Repubblica delle Bustarelle”.”

Monarchico in un Paese che aveva scelto la Repubblica, anti-comunista nell’Italia col più grande Pci dell’Occidente. Per anti-conformismo o perché non capiva niente di politica?

“Perché era uno spirito assolutamente libero e lottava contro ogni “ismo”. Preferiva l’istituto della monarchia a quello della repubblica perché mentre le Camere governavano in entrambi i casi, la figura del Re rappresentava la conservazione dei valori nazionali. Quella del presidente della Repubblica rappresentava per lui la semplice emanazione della volontà di un gruppo di potere o di un forte partito.”

L’anno prossimo cadranno il centenario della nascita (1908) e il quarantennale dalla morte di vostro padre nel ’68. Sessantotto! Non vi chiedo l’attualità, ma l’inattualità di Guareschi: qual è?

“La sua inattualità, di cui andiamo veramente fieri, è quella di aver sempre e comunque lavorato onestamente. Di essere andato avanti esclusivamente con le sue forze. E di non essersi mai venduto o aggreppiato.”

La penna di Giovannino: quand’è che l’affilava più volentieri, e “contro” chi?

“L’affilava sempre “a favore” della gente per bene, sia quando affrontava su «Candido» le grane della settimana, sia quando raccontava a se stesso e ai suoi lettori le storie che parlavano di sé e di loro.”

Ma come faceva a scrivere così tanto? (A proposito: si ha un’idea vaga di quanto abbia scritto?)

“Amava il suo lavoro, aveva una capacità lavorativa incredibile ed un formidabile dono della sintesi sia negli scritti che nei suoi disegni. Un dono che gli permetteva, con poche parole, di raccontare con chiarezza, condensando nei suoi scritti più che delle parole delle “cose”. Gli è stata per questo utilissima la sua formazione di cronista e prima ancora di correttore di bozze alla «Gazzetta di Parma». Fine anni Venti. Ha scritto migliaia di pagine e non siamo riusciti ancora a contarle tutte.”

Lo faceva di getto e in qualunque luogo oppure aveva bisogno di un ambiente particolare?

“La fase “creativa” dei suoi racconti avveniva di solito (lo ha scritto lui più volte) mentre  si teneva impegnato in lavori manuali, rastrellando, inchiodando, imbiancando. Una volta  nata l’idea si metteva alla sua scrivania, sempre appoggiata a un muro, in modo da non avere distrazioni. E a questa scrivania rimaneva finché non aveva terminato gli articoli e i disegni, spesso per tutta la notte.”

Poco si sa (o si racconta) di vostra madre. Che ruolo aveva nel lavoro di vostro padre?

“Aveva il compito importante e spesso scomodo di “difendere” la sua tranquillità. Nostro padre teneva moltissimo al suo giudizio e spesso le faceva leggere i suoi articoli o i suoi racconti: se il giudizio era negativo, non li pubblicava o li modificava.”

E voi figli quanto eravate consapevoli d’avere come padre un grande scrittore e giornalista scomodo?

“Che nostro padre fosse un uomo famoso lo capivamo quando, uscendo con lui, tanti lo fermavano perché lo avevano riconosciuto e gli volevano parlare. Questo a noi non piaceva tanto, perché ci sentivamo un po’ “derubati”. Eravamo consapevoli che fosse un grande scrittore perché piaceva non solo a noi (lo leggevamo di nascosto per non dargli la soddisfazione di farglielo sapere…) ma ai lettori di tutto il mondo. Che fosse un giornalista onesto e scomodo, scomodissimo, lo abbiamo purtroppo capito da tutte le vicissitudini che ha vissuto.”

Ma scomodo per chi?

“Soprattutto per lui, che ha pagato di persona il lusso di dire sempre e comunque quello che pensava. E spesso quello che pensava non era carino nei confronti del potere.”

Padre presente, mica tanto o sempre nei momenti decisivi?

“Presente, sempre, nei momenti decisivi e  importanti. Lo abbiamo sempre sentito vicino, sapevamo di poter contare comunque su di lui, e la cosa funziona ancora. Per noi era normalissimo vederlo tra noi nelle occasioni rilevanti.”

Da quasi vent’anni è caduto il muro di Berlino. Perché, allora, le storie addirittura da anni Cinquanta di Peppone e don Camillo “prendono” ancora?

“I muri cadono e si ricostruiscono, ma certi valori fondamentali rimangono immutati. I racconti del “Mondo piccolo” sono un invito a cercare sempre un punto di incontro sul piano umano anche nelle dispute più accese, che vanno combattute seguendo la propria coscienza piuttosto che le direttive di questo o di quel partito. I suoi personaggi “prendono” ancora perché sono veri, così come sono vere le storie che racconta e i sentimenti che descrive. E la verità non è soggetta a vincoli di tempo e di spazio.”

Lui amava il prete ma in fondo ammirava il comunista…

“Don Camillo e Peppone erano – come ha scritto più volte – le due metà del suo cuore. Amava don Camillo e la sua profondissima fede in Dio, e amava Peppone che, prima di essere sindaco e comunista, era un galantuomo che ubbidiva alla sua coscienza, anche contro le direttive del suo partito, se queste non gli sembravano oneste.”

Del Guareschi cinematografico che salvereste, dovendo salvare una sola sequenza?

(Carlotta): “Don Camillo e Peppone, in bicicletta, che ritornano insieme al paese e fingono di volersi distanziare mentre stanno ben attenti a procedere sempre vicini.”

(Alberto): “La visita di don Camillo al figlio collegiale di Peppone.”

E di quello televisivo, peraltro non abbondante?

“Più che “non abbondante” diremmo inesistente: non c’è mai stato spazio per lui, in televisione, tranne che per qualche spot pubblicitario ai tempi di “Carosello”: aveva creato i personaggi di Toto e Tata per la rubrica “Mondo piccolissimo”. Inoltre “Gigino Pestifero” e la sua ghenga. per fare la pubblicità ai Gelati Tanara di Parma. L’unica intervista che si è salvata è quella che gli ha fatto Indro Montanelli nel 1959. L’ha recuperata il giornalista Vincenzo Mollica, qualche anno fa alla Rai. E’ molto divertente perché si tratta di una non intervista, nel senso che Giovannino finge di scappare. E poi alla fine pretende un’intervista telefonica da parte di Montanelli, rifiutandosi però di rispondere alle sue domande…”

Guareschi alla radio, Guareschi alla macchina per scrivere: la stessa persona, la stessa grinta?

“Aveva parecchi talenti e nelle trasmissioni radiofoniche prevalevano la fantasia e l’umorismo.  Nei suoi racconti familiari prevaleva la serenità, nei racconti del mondo piccolo l’umanità, nelle vignette la satira. Negli articoli la grinta. La passione e l’impegno erano comunque gli stessi.”

Ma la passione per la scrittura da dove veniva?

“Pensiamo gli venisse soprattutto dalla passione per l’ascoltare: dalle favole che gli raccontava la sua bisnonna pescando nei suoi ricordi dell’Ottocento ai discorsi dei Maridén che lavoravano nel greto della Parma, luogo preferito nel quale si rifugiava quando marinava la scuola.”

Che tipo di religiosità aveva e coltivava, se la coltivava?

“Non era uno “stakanovista dell’acquasantiera” come ha scritto, ma aveva una Fede profonda.”

Credeva nella sua terra parmigiana o, piuttosto, nella sua gente parmigiana?

“Era profondamente affezionato alla sua terra e alla sua gente: le Tre storie che introducono Mondo piccolo lo dimostrano. Ha sempre mantenuto i contatti con Parma, gli amici e la Bassa anche quando abitava a Milano: la nostalgia saltava spesso fuori nelle sue vignette dove infilava sempre degli scorci dei tetti e dei vicoli di Parma con gli inconfondibili campanili del Duomo e di San Giovanni  e con gli scorci di Piazza Garibaldi.”

Qual era la sua “certa idea” dell’Italia?

“Quella per la quale, con altri ottocentocinquantamila soldati del Regio Esercito, scelse di rimanere nei Lager pur di non collaborare coi tedeschi né di aderire alla Repubblica Sociale: una vera democrazia di veri galantuomini.”

Gli dava più malinconia il futuro o la memoria?

“Probabilmente gli dava più malinconia il presente.”

Oggi i giovani che vogliono sapere, che cosa vogliono sapere di Guareschi?

“I giovani lettori di nostro padre che vengono da noi -dopo avere letto e apprezzato le sue opere- per saperne di più su di lui, si meravigliano sempre scoprendo nel nostro archivio le stroncature feroci delle sue opere da parte dei critici letterari, e le critiche astiose rivoltegli sul piano politico. E ci chiedono sempre: “Ma perché è stato così maltrattato?”.”

In quali lingue del mondo “non” è stato tradotto?

“In cinese e albanese. Dopo la caduta del Muro di Berlino non è riuscito ad entrare solo in alcune ex Repubbliche socialiste sovietiche.”

Ma qual è la domanda più ricorrente che ascoltate su vostro padre?

“«Com’era, in famiglia, vostro padre?» «Ma, insomma, di che partito era?». La prima ci pare logica, anche se la nostra risposta rischia sempre di deludere perché, in fondo, il nostro  era un padre normalissimo e il suo comportamento in famiglia era quello di milioni di altri padri italiani. La seconda è di quella tipica mentalità che fatica a credere che possano esistere degli spiriti liberi.”

E voi che cosa avreste voluto chiedergli?

“Non ci sono cose che avremmo voluto chiedergli. Piuttosto ci sono cose che avremmo voluto dirgli e che gli diremo…”

Pubblicato il 17 giugno 2007 sulla Gazzetta di Parma