Giorgia Meloni e l’Europa che vorrebbe

Non tutte le destre sono uguali, se l’obiettivo dichiarato è prendere in mano il timone dell’Europa. Giorgia Meloni, che presiede il gruppo dei conservatori e riformisti europei (Ecr nella sigla in inglese), sa bene che l’attuale settantina di eurodeputati eletti in 17 Paesi non può fare la necessaria differenza numerica per spodestare, nell’ipotetica, ma non impossibile alleanza con popolari e liberali, l’ancora forte componente socialista. La nostra presidente del Consiglio, in questo caso nelle vesti di leader di Fratelli d’Italia e candidata-bandiera a Strasburgo, sa anche che l’aritmetica non basta per cambiare gli equilibri a Bruxelles. E perciò, partecipando in collegamento video alla convenzione dell’amico Santiago Abascal, leader di Vox, ed Ecr a Madrid, conferma le grandi manovre in corso nell’area dei “patrioti europei”, come amano definirsi.

Il tentativo non è solo di spingere l’imprescindibile componente francese di Marine Le Pen verso posizioni meno radicali, secondo un percorso che la stessa leader del Rassemblement National già persegue nel suo Paese, dove i sondaggi confermano la percezione del cambiamento da parte dei cittadini. Il tentativo è anche di non cercare intese forzate con partiti estremi come l’Afd in Germania. Un ostacolo politico e ideologico insormontabile per il Ppe, che ha già messo in guardia: chi volesse allearsi con noi, non può imbarcare “gli amici di Putin”.

Per la Meloni è fondamentale, ma non facile pescare nella galassia europea di destra senza indispettire i possibili nuovi e futuri alleati. Lo stesso avvicinamento in atto tra Giorgia e Marine (“ci sono punti in comune, Meloni e Salvini hanno a cuore la libertà”, ha sottolineato per la prima volta la leader francese, anche lei intervenuta di persona alla manifestazione madrilena), trova ancora diffidenze in Forza Italia, il braccio italiano del Ppe. E l’idea di riproporre a Bruxelles l’intesa di centrodestra che governa Roma, non è automatica né l’unica soluzione possibile, come ha precisato Antonio Tajani. Che, peraltro, sottolinea sempre d’essere a suo tempo diventato presidente dell’Europarlamento col sostegno dei conservatori, non dei socialisti. Come dire: la prospettiva di centrodestra va bene, ma non a qualunque costo.

Intanto, anche l’ungherese Viktor Orban s’avvicina ai conservatori e parla in video all’incontro di Madrid, che ha visto la partecipazione pirotecnica di Javier Milei, il presidente dell’Argentina. Ed è stata subito crisi diplomatica con la Spagna, perché Milei ha dato della corrotta alla moglie del premier Pedro Sánchez.

Tra polemiche feroci, margini sottili e grandi aspettative per il voto dell’8 giugno, cioè per l’unico verdetto che alla fine determinerà in concreto le alleanze, la Meloni disegna l’Europa che vorrebbe. Con una politica contraria al declino, al centralismo ideologico e alle teorie gender.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova