Coronavirus, la via obbligata della “leale collaborazione” fra Stato e Regioni

Nell’Italia dei tre colori, rosso, giallo e arancione, i cittadini al tempo del Coronavirus vorrebbero sapere con chi prendersela, se le scuole sono chiuse, e i vaccini in troppo lento arrivo, e la riapertura di tutte le attività economiche ancora indecifrabile: colpa dello Stato sprecone e inefficiente? O delle Regioni incapaci e in ordine sparso?

Rispetto al molto che dall’inizio dell’epidemia non ha funzionato, e all’altrettanto che ora sembra sulla buona strada (ma lo si potrà constatare soltanto alla fine, quando saremo tutti vaccinati e contenti), il dibattito su come migliorare il rapporto finora pasticciato e confuso fra governo e governatori ha preso la solita strada degli eccessi.

E’ dura polemica fra chi sostiene che le responsabilità per errori e ritardi ricadano su Roma, che non ha saputo -almeno fino all’insediamento di Draghi, dunque per quasi un anno- né programmare né coordinare. E chi invece addebita il torto alle Regioni col piglio da Repubblichette, quasi in gara fra loro e con lo Stato nell’adottare oppure no le misure indicate a livello nazionale.

Come spesso succede, la verità delle accuse sta nel mezzo del dibattito politico e costituzionale in corso: più volte Palazzo Chigi ha annaspato, più volte le Regioni hanno suonato la carica anti-Covid con la fisarmonica, alcune chiudendo tutto, mentre altre tutto aprivano. In parti importanti d’Italia si ballava in discoteca nella distratta e disastrosa estate al mare, che doveva suggellare la fine della prima ondata. Si rivelò, al contrario, l’inizio della seconda e della terza.

La lezione è che si batte il virus universale con la leale cooperazione fra Stato e Regioni. Le buone iniziative di singole Regioni possono diventare esempio nazionale da seguire: Roma può arricchirsi di quanto di positivo avviene lontano dalla capitale. Ma non si balla da soli, neanche una sola estate. E’ l’unità che ci farà uscire dall’incubo.

Draghi ha strigliato le Regioni per come alcune di esse hanno scelto le categorie da vaccinare per prime, anziché privilegiare anziani e persone fragili in tutto il Paese. Ha poi ricordato che “la Costituzione attribuisce al governo le competenze sanitarie in caso di pandemia”. E ha detto: “Non si può raggiungere il successo senza una collaborazione fra Stato e Regioni”. Come dire che la questione non è a chi addossare la responsabilità dei fallimenti, ma di prendersi tutti, e tutti insieme, le responsabilità per non fallire più.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi